Carolina Bubbico: Abituati ad avere tutto e subito, si ha ormai la necessità di fare ascolti facili e rapidi con il meno sforzo possibile, perdendo così la bellezza e la curiosità di cercare un determinato artista o disco.

Abbiamo incontrato Carolina Bubbico lo scorso gennaio in occasione del suo concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

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Una scoperta che ci ha aiutati a comprendere quanto il mondo musicale si forgi di personalità giovani e in crescita, sempre alla ricerca di nuove melodie e, soprattutto, avvicinandosi al jazz sperimentandolo e accostandolo a vari generi musicali.

Un talento, il quale sa coinvolgere chi l’ascolta con intensità. Sin dall’età di 3 anni frequenta laboratori musicali; studia pianoforte coadiuvata da Irene Scardia; con Luigi Bubbico approfondisce lo studio della melodia e del piano jazz. Arricchisce il suo curriculum con lo studio del canto, della batteria e del violoncello.

Pugliese di nascita, Carolina Bubbico, non termina mai di ampliare le sue conoscenze. Frequenta workshop con personalità famose come per esempio Greg Burk, William Parker, Steve Potts, Kent Carter, Irene Aebi, e altri. Consegue il Diploma di I° e II° livello sia in Pianoforte Jazz sia in Musica Jazz presso il Conservatorio Nino Rota di Monopoli (2013-2016)

Collabora con diversi gruppi musicali; è tra le fondatrici del collettivo Bemollansemble (2011), progetto musicale realizzato da giovani studenti della regione Puglia, e sempre nello stesso anno la vediamo come direttrice e cantante dell’orchestra jazz Swing Big Band del Conservatorio Tito Schipa di Lecce.

Sempre nel 2011 ritorna al suo progetto d’origine One girl band, che vede la cantautrice impegnata con strumenti musicali, percussioni, pianoforte e una loop machine, per costruire e interpretare la sua musica con creatività.

Controvento, il suo primo CD, è il suo esordio. Etichetta Workin’ Label 2013/Goodfellas, vede il brano d’apertura A me piacerebbe ridere vincere il Premio Officine della Musica nella sezione videoclip, per la regia a cura di Gianni De Blasi.

 

Seguono altri successi: approda al grande schermo sia per aver firmato la sua prima colonna sonora sia per la partecipazione al cast del L’amore è imperfetto di Francesca Muci (con all’interno i brani Cambierà, At sunset, Controvento)

Varie presenze sia radiofoniche sia in TV; poi il tour di presentazione dell’album e partecipazioni a Festival Jazz non solo italiani, fino all’incarico di arrangiatrice e direttrice d’orchestra al Festival di Sanremo (2015) per Il Volo (sezione big) e Serena Brancale (giovani proposte).

Nello stesso anno esce Una donna, il suo ultimo lavoro, etichetta Workin’ Label con il sostegno di Puglia Sounds Record

 

Di seguito l’intervista, buona lettura

 

Un mestiere come il tuo richiede forza vitale per emergere. Quanto incide il tuo essere versatile nel tuo mestiere?

Credo che sia un elemento importante, in quanto mi dà la possibilità di essere autonoma quando è necessario e quindi di portare in giro il mio progetto in solo. Ho sempre puntato sull’aspetto della versatilità sin dall’inizio della mia formazione: mi fa sentire padrona e consapevole di quello che vado a fare, e mi permette di entrare in comunicazione più approfondita con i musicisti con cui mi relaziono.

Per un ascoltatore/spettatore sicuramente risulta interessante vedere un artista che si interfaccia con più strumenti o che ricopre ruoli diversi all’interno di una performance e di una carriera in genere.

Sembri fluire nel trovare le giuste melodie e proporle al pubblico. Nasce tutto spontaneamente. Quanto della tua personalità trapela nei tuoi brani?

La musica che un artista produce inevitabilmente fa i conti con il proprio essere nella vita.

Fare musica vuol dire, in qualche modo, esprimere se stessi attraverso il gesto creativo. In particolare questo aspetto del fluire delle melodie, all’interno delle mie performance, mi ricorda molto il mio modo di relazionarmi con l’altro che è sempre stato molto fluido e spontaneo.

Sono una persona abbastanza estroversa, alla quale piace molto stare a contatto con le persone, e comunicare mi è sempre venuto facile; cosa che ritrovo molto mentre mi capita di improvvisare liberamente e con spontaneità linee melodiche all’interno di un discorso musicale.

Ti abbiamo conosciuto, per la prima volta, in occasione del concerto di presentazione del CD Una Donna. Era lo scorso gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Energia e anima jazz conciliano in modo armonico. Quando hai percepito il jazz essere la tua strada?

Carolina Bubbico
Carolina Bubbico

Ho respirato questo linguaggio sin dall’infanzia e ho approfondito le sue sfumature attraverso l’ascolto e lo studio nel corso degli anni. Credo di aver cominciato ad apprezzarlo veramente quando ho capito l’importanza del linguaggio improvvisativo e quanto questo elemento emergesse spontaneamente in quella che sono.

In realtà non ho mai amato chiudermi dietro un etichetta ben precisa e non ho mai rincorso un determinato genere. Ovviamente, i fruitori della musica hanno la necessità di catalogare e incasellare ciò che sentono e, sicuramente, molto spesso quello che faccio è accostato al jazz.

Ma la mia intenzione è quella di navigare in acque sempre cangianti, attraverso il mio orecchio e ciò che mi “consiglia”. L’elemento che mi lega al jazz è quello dell’improvvisazione, infatti nei miei concerti tendo a sfruttare questa caratteristica per tirare fuori l’estemporaneità del momento, canalizzando ciò che sento attraverso la musica.

La musica ai giorni nostri. Che ne pensi della sua evoluzione, dei mezzi di comunicazione e delle varie applicazioni per ascoltare musica ovunque ci si trovi?

Al giorno d’oggi possiamo ascoltare musica in moltissimi modi grazie alle numerose piattaforme di diffusione musicale che hanno messo in moto diversi meccanismi. Ci ritroviamo nel bel mezzo di un sovraffollamento del mercato musicale; la musica diventa sempre più a portata di mano, quindi aumentano i casi di youtubers in cerca di successo e visualizzazioni o di ragazzi che, tramite semplici applicazioni, possono improvvisarsi producers e dj con uno schiocco di dita.

Abituati ad avere tutto e subito, si ha ormai la necessità di fare ascolti facili e rapidi con il meno sforzo possibile, perdendo così la bellezza e la curiosità di cercare un determinato artista o disco.

Credo che al momento abbiamo in mano grandissimi strumenti di fruizione musicale, i quali rappresentano un enorme risorsa, scambiandoli per unici e insostituibili canali di approccio alla musica, quando invece andrebbero anche sostenute le produzioni discografiche acquistando i dischi e bisognerebbe frequentare i concerti.

Quindi usufruire di tutte le possibilità di condivisione della musica che ci vengono offerte senza nascondersi dietro la sedia del computer in cerca di emozioni forti e immediate, ma cercando di coltivare piccoli momenti di vita che l’artista e il fruitore possono condividere.

L’evoluzione personale va di pari passo anche con quella professionale?

Direi proprio di si. La mia esperienza personale mi sta insegnando che le due evoluzioni fanno parte dello stesso percorso e sono direttamente proporzionali. Oltretutto come potrebbe essere il contrario? Quello che siamo artisticamente è il risultato di quello che siamo nella vita.

Una nostra curiosità nasce dall’aver visto alcuni tuoi video correlati alle canzoni. Ci accorgiamo di un sapore retrò (A me piacerebbe ridere), uno studio grafico su uno sfondo B/N (Cos’è che c’è), e l’importanza alla duttilità della voce. Quanta accuratezza per valorizzare un prodotto e fino a che punto le arti possono accostarsi per una buona comunicazione?

L’immagine e l’arte visiva in genere sono da tener conto in un percorso artistico-musicale, in quanto credo sia importante valorizzare l’artista attraverso la sua immagine, cercando quindi di comunicare al meglio ciò che si fa.

Non sempre è impresa facile. A volte ci vogliono vari tentativi per trovare il vestito giusto che rappresenti al meglio ciò che si è; l’importante è non fare in modo che l’apparire superi tutto il resto. Non è così immediato: oggi giorno, soprattutto, si tende spesso a rappresentare l’immagine in maniera megalomane, senza lasciare tanto spazio all’immaginazione.

La chiave sta nel mettere in comunicazione equilibrata i due aspetti e renderli armoniosi tra di loro.

Grazie a Carolina del tempo che ci ha dedicato

 

 

Per questo Articolo le immagini sono state fornite dall’ufficio stampa dell’artista/spettacolo. Si declinano per tanto ogni responsabilità relative ai crediti e diritti.

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