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Si apre con l’anteprima di Roma del 12 e 13 settembre al Cinema Trevi Cineteca Nazionale l’edizione XVI del Festival I Mille Occhi, per poi trasferirsi a Trieste dal 15 al 21 presso il Teatro Miela.

Ospite d’onore l’attrice Dagmar Lassander e un programma fitto di proiezioni e incontri con i cineasti tra cui spicca il tedesco Roger Fritz. Premio Anno uno al regista greco Dimos Theos.

I Mille Occhi riuniscono film  vitali e sorprendenti da epoche e generi diversi mettendo sempre al primo posto il principio del piacere: il cinema va goduto per poter essere amato e capito. Tutte le proiezioni e gli incontri sono a ingresso libero.

Il festival arriva alla sedicesima edizione con lo slancio di chi vede riconfermata a ogni istante la sua scelta di fondo: per essere davvero spettatori del presente, e poi magari cineasti del futuro, il grande patrimonio delle epoche passate non è affare da studiosi e specialisti, è il nostro patrimonio, quello che ci consente davvero di capire e godere del cinema.

I film di altre epoche ci arrivano vergini di sguardi equivocanti, che spesso vi avevano sovrapposto pregiudizi cinematografici basati su un sentirsi giudice di chi li valutava, anziché cogliervi ogniqualvolta ci fosse (e c’è spesso, possiamo assicurarlo) una ricchezza e fertilità di immagini rivelatrice del reale.

Ai Mille occhi i film si vedono per la prima volta, rendendo la nozione di anteprima meno stereotipata del consueto.

Dal 15 al 21 settembre al Teatro Miela di Trieste, con un’anticipazione il 12-13 al Cinema Trevi della Cineteca Nazionale a Roma, il festival offre un fitto programma di proiezioni e incontri con i cineasti.

A Trieste le proiezioni si aprono il primo giorno alle 14.30, e nei giorni successivi già in mattinata, proseguendo fino a circa l’una di notte. L’accesso all’intero programma è a ingresso libero. Un ricco catalogo (stampato in italiano, e online in inglese) vuole dare al pubblico le informazioni e i suggerimenti essenziali.

Così come si riuniscono film di varie epoche, si riuniscono anche i più diversi tipi e generi di cinema, purché rappresentati da film vitali e sorprendenti. E non ci si limita a un predefinito territorio geografico: le cinematografie meno frequentate non sono nemiche della produzione americana o italiana, ne sono il contesto che consente di godere meglio anche di quelle. Mettendo sempre al primo posto il principio del piacere: il cinema va goduto per poter essere amato e capito.

Il cinema “di casa”, quello italiano, contiene tantissimi tesori inesplorati, di numerosi registi i cui film arrivano spesso con una forte qualità e un’energia rara.

Il programma di quest’anno si è avvalso della collaborazione essenziale del maggior archivio italiano, la Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma: ben 26 copie, rare o addirittura uniche, provengono al festival da questo archivio, condividendo il nostro gusto di vedere i film nel formato originale: che per la produzione più recente è il digitale (nel supporto migliore, il DCP), e che in precedenza era la pellicola 35mm (o 16mm e altri formati ridotti).

Vedere ogni film nel “suo” originario formato, in copie vintage, non è feticismo bensì contatto col corpo del film. Che cosa direste se nei musei vi proponessero copie digitali dei quadri? La riproducibilità della pellicola si basa comunque su un suo supporto originale, ed è questo che dà alle proiezioni di un festival quel carattere di evento festivo che appartiene al nome stesso di festival, e a cui può meglio seguire nei giorni feriali un’ulteriore fruizione nei formati più accessibili.

Anche gli altri archivi italiani ed esteri hanno validamente collaborato al festival, a cominciare dalla Cineteca del Friuli col suo Archivio Cinema del Friuli Venezia Giulia, partner storico della manifestazione, e la Cineteca Italiana di Milano (al cui anniversario si dedica un programma), la Cineteca di Bologna, il Museo nazionale del cinema di Torino.

In tutti questi casi il lavoro d’archivio raggiunge la luce della proiezione, si offre alla scoperta di tutti gli spettatori.

L’ampia rassegna di film italiani esplora con passione le corrispondenze, i rapporti elettivi tra alcuni registi da scoprire nella pienezza della loro opera. Si vedranno in particolare grandi film, che qualcuno definirebbe “di culto”, diretti da Pietro Germi (tra cui il suo magnifico Signore & signori, anche in omaggio al grande attore che fu il recentemente scomparso Gastone Moschin), Damiano Damiani (tra cui La moglie più bella, esordio di una bellissima e bravissima Ornella Muti), Ferdinando Maria Poggioli, Giorgio Bianchi, Elio Petri (A ciascuno il suo, da Sciascia, con stupefacenti Gian Maria Volonté e Irene Papas), ed altri.

Ci si soffermerà anche sulla sponda italiana di Laurel e Hardy, gli esilaranti Stanlio e Ollio doppiati da Mauro Zambuto e Alberto Sordi, che oggi ci si rivelano grandi cineasti tout-court, i cui film (come quelli di Jerry Lewis che ne diventa erede) possono toccare le vicende più tragiche (dalla prima guerra mondiale all’esilio degli apolidi) su cui il riso scatenato fa cogliere anche la profondità del dramma.

Il festival assegna ogni anno un solo premio, a un grande autore contemporaneo che in Italia va ancora pienamente scoperto. Il greco Dimos Theos è il premiato di quest’anno, con un cinema che unisce tutte le radici della Grecia classica allo sguardo più moderno. Del regista vengono presentati, nella rassegna curata da Cecilia Ermini, tutti i film, fino all’ultimo che si potrà vedere per la consegna del premio nella serata finale del festival.

Di altri due autori il festival propone l’intera opera. L’inglese Seth Holt, con i suoi thriller e noir, è la figura sinora meno conosciuta di quello splendido quadrilatero che nel cinema britannico completano Alfred Hitchcock, Terence Fisher e Michael Powell. La rassegna è curata da Olaf Möller, ctitico della rivista americana “Film Comment” e membro del direttivo dei Mille occhi.

Il tedesco Roger Fritz, che in Italia fu assistente di Visconti e Fellini, ha realizzato un gruppo di action-films degni di Tarantino, in gran parte interpretati dalla musa Helga Anders, fanciulla bellissima e tormentata. Fritz sarà a Trieste per tutte le proiezioni di quella che è la prima personale internazionale dedicatagli, curata dai suoi massimi conoscitori Christoph Draxtra e Gary Vanisian.

Una rassegna densa di scoperte è quella che Mila Lazić dedica ai grandi dell’avanguardia croata (Martinac, Gotovac, Pansini) e ai loro rapporti con l’avanguardia serba. Hanno collaborato alla realizzazione la Jugoslovenska kinoteka e il Centar film di Belgrado, e il Hrvatski filmski savez di Zagabria. Si proietterà tra l’altro Plastični Isus (Gesù di plastica) del serbo Lazar Stojanović, con protagonista il performer e cineasta croato Tomislav Gotovac. Alla sua realizzazione il film fu proibito in Jugoslavia per la sua carica provocatoria, politica, culturale e sessuale, ed è riemerso solo in anni recenti.

La serata che lo proporrà, il martedì 19, si aprirà con un evento unico: il film ritrovato di Ermanno Olmi La tentazione del suicidio nell’adolescenmza, presentato dalla Fondazione Micheletti di Brescia, uno dei grandi archivi sulla storia del 900, che ha voluto, come seconda proiezione assoluta del film dopo quella nella città natale di Basaglia, alla recente Mostra del cinema di Venezia, quella nella città in cui Basaglia più radicalmente operò, Trieste (ne testimonierà Michele Zanetti, ora presidente dell’Associazione Anno uno che realizza il festival). Il film infatti segna la sconfitta della psichiatria prebasagliana rispetto ai conflitti dell’amore e gli impulsi di morte, e ben si unisce al recente capolavoro di Olmi Vedete, sono uno di voi che il festival ha voluto riproporre in abbinamento, per concessione dell’Istituto Luce-Cinecittà.

Ospite d’onore del festival sarà anche Dagmar Lassander, attrice italiana di origini tedesche, che ha riunito nel suo percorso artistico alcuni dei film più sbrigliati del cinema italiano, dagli horror Black Cat di Fulci e La lupa mannara di Di Silvestro al capolavoro massimo della commedia bassa, W la foca di Nando Cicero.

Sul versante della presenza dell’eros nel cinema, che va sottratta all’abbraccio tra censori e voyeur, si vedrà anche qualcosa di ancora più eccessivo, l’unico hardcore, recentemente ritrovato in versione integrale, del grande regista Wes Craven. The Fireworks Woman (nella versione italiana meglio conservatasi, intitolata La cugina del prete) è un grande film americano, eccitante e insieme lucido, con una magnifica, sensualissima Jennifer Jordan.

Si è qui sinteticamente indicata solo una parte di un ricco programma che si offre alla scoperta di ciascun spettatore: al montaggio che il programma del festival propone tra i tanti film si vorrebbe che ogni spettatore lo smontasse e rimontasse. Perché ciascuno dei mille e più sguardi che il cinema contiene è unico, sovrano, irripetibile.

Si è voluto, anche in riferimento al brand della manifestazione (Festival internazionale del cinema e delle arti) siglare questa edizione col riferimento a due epocali libri di recente uscita (edizioni Adelphi): Eros e Priapo di Carlo Emilio Gadda, assunto a titolo d’edizione, e Il libro contro la morte di Elias Canetti. L’icona del festival, sempre alla ricerca di sguardi che bucano, vede insieme due splendide, magnetiche attrici, Joanne Woodward e Lee Remick.

 

Tutte le proiezioni e gli incontri sono a ingresso libero.

 

Il festival, realizzato con il sostegno di Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – Assessorato alla cultura, Fondazione Kathleen Foreman Casali e Fondazione CRTrieste, è diretto da Sergio M. Grmek Germani.

Questo è un comunicato stampa, pertanto le immagini sono fornite dall’Ufficio Stampa dell’artista/manifestazione. Si declina ogni responsabilità riferibile ai crediti e riconoscimento dei relativi diritti.

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