Intervista ad Antonio Castronuovo, curatore e traduttore dell’opera

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La flânerie porta in sé un peculiare elemento di gioia solitaria. Non a caso Balzac era convinto che i flâneurs erano “le sole persone davvero felici a Parigi”, come affermò in una delle tante tappe della Commedia umana, il grande affresco parigino di primo Ottocento.

La frase è nella Ragazza dagli occhi d’oro del 1835: non sarebbero passati molti anni e, nel 1841, qualcuno gli avrebbe fatto eco: “Il flâneur è l’unico uomo felice che esiste sulla terra; nessuno ha mai portato l’esempio di un solo flâneur che si sia suicidato”, parole che affiorano dal capitolo undici di un’operetta di un certo Louis Huart, scrittore poco rinomato, ma precursore nello studio del “solo uomo felice”.

(dalla postfazione di Antonio Castronuovo – Fisiologia del flâneur di Louis Huart)

 

Perdersi passeggiando per le vie di Parigi come elogio della felicità, ecco la flânerie. Viene pubblicato per la prima volta in Italia, il libro Fisiologia del flâneur di Louis Huart (Stampa Alternativa) a cura di Antonio Castronuovo.

Un libro ironico e aggraziato, che prende per mano il lettore e lo invita a riscoprire un piacere che ha in sé una filosofia di vita.

Castronuovo ha curato la traduzione del testo e la postfazione che racconta i luoghi, il pensiero e la vita dell’autore.

Chi era il flanêur?

Un tale che amava camminare, solo che lo faceva in una città un po’ particolare: Parigi. Là è germinato – a metà Ottocento – il fenomeno antropologico del flanêur, ed era inevitabile che accadesse in una città di tal fatta: labirintica, bella in ogni suo angolo, piena di sorprese. Il camminare in quella città riservava, e ancora riserva, continue sorprese e scoperte.

Anche oggi amiamo “camminare”, ma tutto si è spostato fuori da città sempre meno sorprendenti. Ecco: questa è la particolarità della flanêrie: che si avvera in una città assunta come campo di scoperta, come dolce luogo di perdizione.

 Dal libro sembra una via per raggiungere la perfetta felicità…

Lo è certamente: chiunque si abbandona – a Parigi o altrove – alla flanêrie, al vagare senza meta, senza guida, senza orari, senza impegni, saprà cosa è la felicità. In certo modo, un simile fenomeno si avvera quando ci si immerge in un libro da cui si viene “presi”: si sente la libertà della solitudine, si diventa un po’ anarchici.

Non è un caso che qualcuno abbia detto che la vera felicità risiede in un libro. Ecco: per il flanêur la vera felicità risiede in un dedalo di strade.

Cosa ti è piaciuto di più di questo lavoro letterario?

Tutto. Quando mi accorsi che il primo testo che parla della flanêrie, quello appunto di Louis Huart del 1848, non era mai stato tradotto in Italia, dedicarmi a tradurlo e farlo editare è diventato una sorta di imperativo.

Mi è piaciuto fare questo lavoro, mi è piaciuto studiare il fenomeno per produrre la postfazione storica, mi è infine piaciuto il risultato finale: un gradevole libretto che può donare un’oretta di gioia, e semmai farci sentire tutti un po’ flanêurs.

Quale spirito manca al nostro tempo della società descritta da Huart e in che modo si può cercare di essere dei perfetti flanêurs al giorno d’oggi?

Il nostro tempo è una prigione burocratizzata. Non c’è giorno, non c’è ora in cui non sia necessario fare una fila, mettere una firma, produrre un documento, sottostare all’assurdo amministrativo. La nostra epoca è orribile: le manca tutto per essere adatta al flanêur.

Come non bastasse, il solo tempo parzialmente non burocratizzato che ci resta, quello delle ferie, lo affidiamo alle mani di chi ci organizza turismo. In queste condizioni, viene a mancare tutto dello spirito che il libretto narra.

E ne deriva anche che non si può più essere perfetti flanêurs: si può tentare di liberarsi da qualche laccio, ma solo allentando la presa e per breve tempo. Si può essere flanêurs per qualche ora nella vita: è poco, ma vale la pena tentare di provarlo.

Ti senti un po’ flanêur?

Credo che tutti noi ci sentiamo un po’ flanêurs, tutti noi abbiamo nel sangue quel richiamo. Che a certe condizioni, anche casuali, può trasformarsi in un buon momento di flanêrie.

A me capita ogni tanto: senza volerlo, mi accorgo di essere nel luogo giusto, di essere solo, di avere tempo, di non dover rendere conto a nessuno, ed ecco che scatta la valvola… Di certo sono un flanêur della lettura e della scrittura: scrivo quel che sul momento mi piace fare; leggo senza alcuna regola molti libri in contemporanea: una pagina di qua, una di là. Grande disordine?

Auguro a tutti di riuscirci.

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