Maturina fantesca. Il saper fare, sapore di antichi mestieri

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Dentro. Si entra dentro la vita. Se né respira un andamento elegante che fa viaggiare all’interno di usi e costumi del ‘500. Una lingua comprensibile, dalla quale nasce l’italiano corrente, è soave e dolce suono, danzante di poesia.

Si attende in platea. I mobili di legno sul palco sono avvolti da lenzuoli bianchi, come si usa fare quando si chiudono le case, per non abitarle per un po’. La visione infonde un senso di accoglienza. Il vociferare riscalda la sala del Teatro Due di Roma. La bici di legno e un quadro sul cavalletto sono gli unici elementi svestiti e visibili.

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Patrizia La Fonte sorprende con la sua entrata in scena diretta e svelta dall’uscio che porta al pubblico. Lei, attrice e autrice e regista del suo spettacolo Maturina fantesca – erede di Leonardo Da Vinci, si stupisce.  Con il suo comprensibile linguaggio Maturina fantesca si rivolge a noi. Il fiorentino di secoli fa, dell’epoca del Dolce Stil Novo riecheggia endecasillabi e dirompe poesia.

Chi sono gli astanti? La protagonista se lo chiede con pedanteria. Più volte. Coinvolgendo chi la guarda, così, fa diventare le persone parte integrante della performance. Si può essere banchieri, orafi, gentiluomini, pellegrini.

Quasi ipnotizzata si resta senza fiato perché ci fa scivolare dentro la vita di un personaggio noto e di gran talento, Messer Leonardo Da Vinci.

Maturina discorre di orafi e banchieri, di nota di banco, del bargello, di scritti e dipinture, di moda, di tessuti, di fogge strane, bisaccia, ropa e pianelle, di ricette e di sapori, degli allievi di Leonardo.

 Molto altro scaturisce. Danzano le parole e la danza delle stesse è elegante, composta, raffinata. Una dolce eco, la quale, con calore, fa immaginare gli usi e costumi dell’epoca.

Un rispolverare la storia tra nomi, luoghi e arte. Dentro. Si entra dentro la vita. Si rimane coinvolti.

Si sfiorano i pensieri. Si svelano le frasi del gran maestro. Si rivela la bellezza per scoprire il significato delle cose belle. Il saper fare è cosa dimenticata, nessuno sa fare cose co’ le mani. Interessanti i giochi di luce. Momenti di penombra netta che segnano il volto di Patrizia La Fonte, altri fatti di ombre nette, segnate e delineate e altri segnano contrasti quasi a creare quadri con forti chiari e scuri. I gesti nella recitazione sono assai accurati e rassicuranti. Mai stonati. Come l’abito indossato, eseguito seguendo indicazioni delle manifatture del ‘500, dopo un’attenta e meticolosa ricerca. Grazie alle mani esperte di una sarta, alla quale si è chiesto di cucire la veste, rimando del velluto di quel tempo.

Il viaggio diventa divertimento ed è frutto di ironia ben impostata e di giochi d’asta che al termine riservano piacevoli risate. Lo spettacolo al Teatro Due di Roma è stato in scena dal 21 ottobre al 2 novembre. Maturina Fantesca ha aperto un varco ai giovani e a tutte le persone che di istinto e distinte si sono recate per andare ad ammirare un gioviale senso del linguaggio e una recitazione gradevole e di stile.

Ci auguriamo che questo progetto, in cui Patrizia La Fonte crede fortemente, riesca a spiccare il volo in altri teatri della Capitale e di Italia, perché dire che lo merita è poco. Bisogna vedere e osservare per comprendere tutte le sfumature che compongono lo spettacolo Maturina fantesca – erede di Leonardo Da Vinci e coglierne il vero senso.

Apprezzare l’arte e tutto ciò che l’uomo ha vicino a sé, l’essenza.

Perché l’uomo si fa simile a ciò che di vicino ha.

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