Vita e musica della divina Duse al Todi Festival

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Il pubblico vorrà la verità

Vita e musica della divina Duse al Todi Festival

Quanto sia impegnativo descrivere attraverso le parole tutta la vastità dei sentimenti e degli eventi di una vita avventurosa, come quella di Eleonora Duse, lo sanno bene tutti coloro che tentano di trasferire sulla pagina attimi di esistenza.

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Invece la scorrevolezza sincera del copione di Maria Letizia Compatangeli, assieme alla preziosa scelta del repertorio musicale di Marco Scolastra e alla superba interpretazione di Pamela Villoresi (leggi qui l’intervista) hanno il pregio di farci credere che l’atto creativo sia immediato ed estremamente semplice.

Il merito è da ascrivere alla profonda sensibilità dei tre e a un progetto di grande respiro culturale e nello stesso tempo di vivo interesse, che ha tenuto tutto il pubblico attento e silenzioso fino allo scrosciante applauso finale. Insomma un successo pieno e generoso quello che ha salutato la prima dello spettacolo La musica dell’anima, ritratto di Eleonora Duse tra le note della sua epoca al Todi Festival.

La vita della divina

La vita della divina viene narrata per episodi, che però non sono né didascalici né conclusi in loro stessi, ma fluiscono gli uni negli altri. Alcune figure, che la Villoresi illumina con accenti e gesti sempre misurati e perfettamente azzeccati, tornano in più momenti: Boito, Enrichetta, Matilde Serao, Primoli, D’Annunzio… ma hanno il pregio di non risultare macchiettistici. Sono come delle caricature rapide e guizzanti che fanno sorridere lo spettatore e sono già scomparse.

Ogni momento dello spettacolo somiglia ai brandelli di uno specchio rotto che, lentamente, al suono di una melodia ora malinconica ora ritmicamente ammiccante, si ricompone davanti agli occhi del pubblico. Alla fine appare, compiuta e ottimista anche nel momento supremo della morte, la figura di Eleonora che distrugge l’ultima consuetudine teatrale, il distacco del palco dalla platea, ed esce salutando e letteralmente attraversando il suo pubblico.

L’interpretazione di Pamela Villoresi

L’interpretazione di Pamela Villoresi è talmente intensa che si resta quasi storditi e non si sa più chi ci sia sul palco, se l’attrice o la Duse stessa.

Le pose, i gesti, persino l’atteggiamento degli occhi e della bocca, sapientemente adattati sulle immagini più conosciute, sono perfettamente aderenti al modello. Anche le mirabolanti arcate vocali, che la Villoresi affronta con una naturalezza unica, richiamano alla mente la descrizione degli atteggiamenti della Duse: basta con i “tromboni”, basta con la voce declamata. Il silenzio, la pausa, il sussurro, la scansione naturale, la verità, questi sono i tasti del suo strumento.

Al piano Marco Scolastra trova gli stessi registri della scena, con eleganza e gusto, ora saltellando sulle note di Rossini, ora incantando con il legato di Chopin, ora meravigliando con un acceso Gershwin.

Il coraggio, la passione, la sofferenza e la determinazione di una donna

È uno spettacolo che ci ricorda il coraggio, la passione, la sofferenza e la determinazione di una donna e, con lei, di una generazione di donne che ha iniziato a liberarsi da assurdi vincoli sociali.

Così ci viene presentata la Duse madre nubile, poi amante tardiva di un giovane D’Annunzio, ruoli scomodi in una Italia cattolica e borghese. Ma anche l’Eleonora imprenditrice di se stessa a teatro e nella società, la Duse diva e rivale della Bernhardt, di cui si riconosce però il ruolo di ispiratrice, e infine madre tenera e commovente cui una morte improvvisa strappa la possibilità di ritrovare un rapporto più vicino con la figlia Enrichetta.

Accanto a lei scorrono cinquant’anni di cultura europea e americana: Verga, Boito, D’Annunzio, Matilde Serao, Shaw, Verdi, la Strepponi, Ibsen, Dumas, Mejerchol’d, Stanislavskij, e poi ancora Lillian Gish, Chaplin, Strasberg, Rodolfo Valentino, Gloria Swanson…

Sul palco quasi vuoto, la figura di Eleonora elegantemente abbigliata con un abito viola – lei che non amava le superstizioni, che adorava il viola e soprattutto le violette e il loro profumo – si manifesta, ci incanta, ci innamora, ci ammonisce e ci saluta guardando, ottimisticamente, al futuro.

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