Classe, eleganza e qualità. Prendo a prestito tre parole citate in uno dei brani presenti nello spettacolo, che ben descrivono Tutti parlano di Jamie, il musical in scena da giovedì a stasera al Teatro Rossetti di Trieste.

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La trama in pillole 

Jamie è un adolescente che vive nella tranquilla cittadina di Sheffield, nel nord dell’Inghilterra, andando a scuola e coltivando, come tutte e tutti le ragazze e i ragazzi della sua età sogni e ambizioni. La sua, però, è quella di essere libero di esprimere sé stesso anche attraverso abiti femminili. Essere una drag queen, insomma.

Attorno a lui, abbandonato dal padre, il supporto della madre Margaret, della sua migliore amica Pritti e di un mentore eccentrico (Hugo – Loco Chanelle). Ma anche: il mondo della scuola, che a volte non svolge il suo ruolo di accoglienza fino in fondo, impersonato dalla professoressa Miss Hedge; una “zia” (più padre del vero padre), Ray, la migliore amica della mamma. E ultimi ma non ultimi le compagne e i compagni di classe: compreso il bullo della scuola, Dean. 

Un grande grazie

Per prima cosa bisogna dire GRAZIE: in primis proprio al Rossetti per la lungimiranza e il coraggio di aver portato proprio qui a Trieste questo grande tesoro. In secondo luogo al regista Piero Di Blasio per aver scelto di portare avanti il progetto di portare Jamie qui, in Italia.

Grazie per una regia fresca, che rende giustizia (cosa non scontata, mi si creda) a ogni singolo elemento dello spettacolo: allestimento, interpreti, scenografie, coreografie. Solo pochi artisti così variamente talentuosi, ci riescono in Italia. Piero è uno di questi.

Grazie a ogni singola e singolo interprete, che porta sul palco la propria unicità. Lisa Angelillo, Umberto Noto, Barbara Cola, Giovanni Abbracciavento,… Sono solo le prime e i primi a venire in mente, ma viene voglia di citare tutte e tutti. Perché senza ognuna e ognuno di loro Jamie non sarebbe la stessa cosa e non avrebbe la stessa forza, energia e vitalità. 

Tutti parlano di Jamie

Tutti parlano di Jamie. E dopo i primi minuti di spettacolo se ne capisce facilmente il perché. Perché è la star, da subito. In un oceano di favolosità, emerge lui, Giancarlo Commare. Per essere scelto per un ruolo come Jamie New, viene da pensare, devi avere una marcia in più. E lui lo conferma subito, dal primo silenzio come dalla prima battuta.

Attore d’origine, sul palco canta, canta davvero. E anche questo, tra una miriade di cantanti improvvisati che il mondo musicale ci propone, non è certamente scontato. D’altronde come dice, o meglio dice Jamie, è un performer. Sì, un performer a tutto tondo, non gli si può dar torto.

Smetti di chiedere il permesso di essere te stess*

Ispirato al documentario della BBC del 2011 “Jamie: Drag Queen at 16”, storia vera dell’adolescente Jamie Campbell, con le musiche originali di Dan Gillespie Sells e le coreografie di Laccio, Tutti parlano di Jamie è uno spettacolo che dovrebbe essere visto da tutte e tutti. Perchè dietro a tanta favolosità e momenti di ironia e leggerezza si sa, si nasconde sempre, o quasi, il risvolto della medaglia. Che in questo caso è il contraccolpo psicologico.

A Trieste tutti parlano di Jamie. O meglio, tutti dovrebbero parlarne: a partire dagli e negli istituti scolastici. I primi che, insieme alle famiglie, dovrebbero incoraggiare l’unicità di ognuna e ognuno. Che dovrebbero aiutare a far comprendere anche alle confuse e ai più insolenti che sì, va bene ciò che sono o che vogliono diventare. Che sono di più delle inutili nullità che magari si sentono di essere in alcuni momenti. Che ognuna e ognuno ha la possibilità di trovare il proprio posto nel mondo.

Per chi quelli sguardi in classe o nei corridoi li conosce fin troppo bene. E ancora adesso, magari cede alla tentazione di percorrere alcune strade al posto di altre o attraversare alcuni corridoi a testa bassa e in velocità.

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