Andrea Camilleri a ‘Libri come’: ‘Non chiamiamola riforma della scuola. Chiamiamola, piuttosto, aggiustamento’

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Prosegue la festa di ‘Libri come’ all’Auditorium Parco della Musica e si discute sul sapere e sulla scuola. Nell’incontro di ieri con Andrea Camilleri, si sono intrecciati i due grandi temi di quest’anno: il piacere della lettura e l’influenza dei grandi maestri.

“Il mio unico vero maestro è stato Orazio Costa”  ha detto Camilleri quando ha raccontato gli anni di studio all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma dove, alla fine del 1947, fu ammesso a frequentare il corso di regia.

Il rapporto tra lui e Orazio Costa inizialmente non fu idilliaco, ma si rivelò fondamentale per la sua formazione. ‘Orazio mi ha insegnato come si legge in teatro. Mi ha insegnato anche, indirettamente, come si scrive di teatro e la mia abilità nei dialoghi la devo soprattutto ai suoi insegnamenti’.

Fu proprio il maestro Costa a scegliere Camilleri come successore in Accademia perché ritenuto l’allievo meno ‘fedele’.

“Se dovessi scegliere io qualcuno come mio successore – aggiunge lo scrittore – non sceglierei certo il più supinamente fedele. Sceglierei qualcuno che mi superasse, che andasse con un estro, che io no ho, più in là di me. Qualcuno che avesse delle idee diverse da me, che nascessero dallo stesso ceppo come nasce un albero ma diversificandosi, allontanandosi dall’altro ramo, che sono stato io. Vorrei che continuasse a portare dentro di sé qualcosa di diverso che pure gli era nato da me. Credo che il senso dell’insegnamento sia questo.”

Camilleri ricorda anche i suoi professori del liceo, Emanuele Cassesa e Carlo Greca, i quali, lo hanno fatto riflettere profondamente sul concetto di libertà e di giustizia. Si sofferma soprattutto sul  suo professore di italiano: “Emanuele Cassesa era all’epoca un quarantenne dissoluto, nel senso che era giocatore d’azzardo noto in tutta la provincia. Passava le notti insonni in bische clandestine col rischio di arresto perché il gioco d’azzardo era proibito. Certe mattine entrava in classe e diceva: ‘Per carità, dieci minuti di sonno, chiudete le finestre, fate quel mezzo casino che fate di solito quando ci sono io sennò il bidello si insospettisce e fa la spia. Fra un quarto d’ora svegliatemi e lei Camilleri regoli il casino’ e bum, crollava. Poi si svegliava e iniziava a leggere e interpretare Dante in un modo semplicissimo, appassionandoci. Devo a lui la capacità di aver saputo spiegare ai compagni di scuola delle mie figlie alcuni passaggi danteschi.”

Lo scrittore, prima di salutarci, commenta la riforma della scuola appena approvata in Consiglio dei Ministri: “Oggi una vera riforma dovrebbe potenziare al massimo l’istruzione scientifica e tenere sullo stesso livello l’istruzione classica, ma che sia veramente tale. Bisogna saldare le nostre radici culturali per poter resistere all’urto inevitabile delle altre culture che ci piomberanno addosso e che diventeranno parte integrante della nostra cultura. Ci vorrebbe una scuola più agile, che prepari il tessuto sociale di una cultura e di un paese in divenire. Per favore non chiamiamola riforma della scuola, chiamiamola, piuttosto, aggiustamento.”

Foto a cura di Maurizio Fascetti.

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