Bisogna prendere le cose leggere con serietà e le cose serie con leggerezza. Intervista a Paolo Scannavino.

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L’arte di strada rappresenta una ricchezza da amministrare con cura.

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La delibera comunale di Roma Capitale n.24 del 12 Aprile 2012 rende difficile, se non quasi impossibile, agli artisti di strada di esercitare il loro diritto all’arte.

Paolo Scannavino è un artista di strada, un Clown dottore e il promotore di numerose e interessanti iniziative.

Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo scoprendo un artista eclettico e dinamico, già portato alla ribalta dal suo più famoso numero del palloncino gigante con il quale è entrato di diritto nel Guiness dei Primati.

Iniziamo da un brindisi. Circa un anno fa al Pincio, a Roma, davanti al tuo ironico mezzo busto in gesso, hai dedicato un brindisi ai sogni e all’arte. Cosa lega questi due elementi?

Ho impostato la mia vita su un concetto semplice: mi piace ridere e scherzare sulle cose ma, se rimangono dentro di me, ho il bisogno e il desiderio di renderle concrete come tutto quello che mi circonda. In questo modo leggero e ironico, che sono anche i due aggettivi che mi contraddistinguono, sono nati moltissimi dei miei progetti che qualcuno ha definito assurdi e che io  preferisco chiamare surreali. Io non so bene cosa farò domani ma so che mi divertirò.

Tu sei anche un artista di strada. In questo momento una delibera dell’amministrazione comunale capitolina vi sta complicando il poter esercitare il vostro diritto all’arte. Cosa ne pensi?

La gente non ascolta. Noi stessi artisti di strada volevamo un regolamento, solo che questo regolamento non è stato consono alle esigenze della città.

Invece di limitare in una maniera intelligente l’arte di strada si è preferito fare un regolamento assurdo che impedisce agli artisti di strada di esibirsi. Si è creato un movimento chiamato “La strada libera tutti” che ha richiesto da tempo una tavola rotonda con l’amministrazione capitolina e ha già fatto ricorso al Tar. Io mi ritengo fortunato perché faccio altro oltre che ad essere un artista di strada ma, ci sono persone che vivono di questo lavoro e che sono bravissimi e rischiano di ritrovarsi senza un lavoro.

Che cosa significa essere un artista di strada?

L’artista di strada ha un concetto molto particolare e preciso di arte. Le gente che va a guardare uno spettacolo a teatro ad esempio, già sa quello che sta andando a vedere e, viaggia con un obiettivo. L’arte di strada invece raccoglie il pubblico ed è estemporanea. L’artista stesso  deve continuamente sollecitare l’attenzione delle persone.

Possiamo parlare quindi di un atteggiamento diverso dedicato al pubblico, di un’apertura e di uno scontro che se non sono totali non funzionano. Quando io faccio l’artista di strada  cerco lo sguardo di ognuno degli spettatori perché sono convinto che il pubblico, nell’arte di strada, sia lo spettacolo.

Cosa chiede “La strada libera tutti” rispetto alla delibera così come è stata concepita?

Chiede di rivedere il regolamento insieme agli artisti di strada. Non chiede di togliere una legge e di lasciare tutto al caso ma, chiede che vengano realmente ascoltate le esigenze degli artisti di strada, di comprendere cosa fanno. Così come è strutturata questa è una legge che per essere rispettata non ti permette di fare l’artista di strada. È come se io ti chiedessi di fare un monologo teatrale ma , l’unica cosa che non devi assolutamente fare è parlare.

 Sei anche un clown dottore. Come ti sei avvicinato a questa delicata realtà?

Avevo vent’anni e ancora non si parlava in Italia di clown dottori. Feci un concorso tramite bando europeo e vinsi, diventando uno fra i primi quindici clown dottori.

Da allora il percorso è stato lungo, la clown terapia si è affermata anche nel nostro Paese e io, essendo uno dei primi, sono diventato un formatore.

Fare il clown dottore è ancora un’altra cosa rispetto all’arte di strada. Quando fai uno spettacolo  finisci e aspetti che il pubblico ti faccia un applauso; quando sei un clown dottore alla fine del tuo intervento sei tu che devi fare un applauso alla gente. Attenzione ho parlato di persone e non solo di bambini perché spero che la clown terapia,  in breve tempo, trovi la possibilità di agire non solo con i piccoli pazienti ma anche con adulti e anziani.

Hai dichiarato che nel tuo lavoro è fondamentale ascoltare se stessi e la situazione nella quale si lavora. Ascoltare se stessi per mettersi a disposizione degli altri è molto complesso non trovi?

Quando insegno da clown dottore a volte mi rendo conto di quanto siano difficili anche dei gesti semplici. Il primo esercizio che faccio fare è chiedere alle persone di camminare e  di abbracciarsi quando si incontrano. Parliamo di persone che non si conoscono e vedo nei loro volti imbarazzo, tensione perché, è difficile aprirsi agli altri, accettare il prossimo semplicemente nella bellezza del genere umano.

Hai fondato, fra le altre cose, l’associazione di promozione sociale Endaxi.

Noi la chiamiamo compagnia e l’obiettivo non è quello di fare solo una singola cosa ma sperimentare. Sia Laura (Donzella, la moglie ndr) che Federico (Clary, ndr), che sono i miei compagni di viaggio da sempre, sono come me e credono nella sperimentazione. La compagnia è cresciuta nel tempo diventando un gruppo dove interagiscono tante persone anche per progetti diversi, dal clown allo spettacolo teatrale serio.

A proposito di spettacoli teatrali seri, siete in scena con Aspettando Bruto al Teatro Azione di Roma dal 15 al 17 Marzo.

È uno spettacolo serio, dove non faccio il comico ma, allo stesso tempo nel nostro stile di leggerezza, cerchiamo di affrontare un argomento sempre attuale come quello dei quartieri romani. I protagonisti sono due ragazzi cresciuti nella periferia di Roma che si incontrano dopo dieci anni e aspettando Bruto che è più di una persona, è un concetto che scoprirete venendo a vederci!

Uno degli episodi più divertenti che ti è capitato di vivere come artista di strada?

Io, come sai, faccio il numero nel quale entro dentro un palloncino gigante. Un giorno, finito lo spettacolo, un signore viene da me e mi dice “sei bravo eh…ma il palloncino pure!!”

Praticamente questa persona vedeva il palloncino come un attore in carne ed ossa e non contento dopo avermi fatto i complimenti aggiunge “ ma tu…che lavoro fai?”. Molto divertente.

Dopo un’ora di spettacolo mi puoi chiedere che lavoro faccio?

Come formatore cosa puoi dire agli adulti ai ragazzi che si avvicinano ai tuoi corsi?

Ho una semplice frase che mi ha insegnato a sua volta un maestro: bisogna prendere le cose leggere con serietà e le cose serie con leggerezza.

La tua avventura professionale mi ha ricordato quella di Miloud Oukili , reso noto anche grazie al film Parada.

Diciamo che l’unica differenza è che lui è diventato famoso e io ancora no! Scherzi a parte, io ho fatto qualcosa di molto simile a Miloud e ai suoi ragazzi, in Africa, creando un gruppo di circo di ragazzi di un centro orfani in Mozambico, progetto che è andato avanti dal 2000 al 2005. I ragazzi sono venuti anche in Italia in tournee, poi il governo mozambicano visto che il progetto andava bene ne ha preso la gestione. Possiamo dire quindi con orgoglio che c’è in Africa una piccola compagnia di circo creata dalla compagnia Endax. Abbiamo anche aperto un progetto di clown dottori a Betlemme composto di donne arabe, non semplice, visto il ruolo e la considerazione della donna in Palestina.

Ti parlavo di Miloud perché con il termine “Pa ra da”  ha voluto mettere in primo piano la sua parola chiave : rispetto. Quale potrebbe essere un termine giusto per te?

La mia parola chiave è apertura.

Vorrei salutarci con un appello rivolto da te all’amministrazione capitolina riguardo la delibera che limita il lavoro degli artisti di strada.

Bisogna considerare che le limitazioni che vanno date agli artisti di strada devono essere di tipo strutturale ma concepite in una maniera sana perché, un artista di strada ingabbiato in uno schema non può vivere. È necessario trovare un compromesso serio fra struttura e libertà.

Grazie a Paolo Scannavino.

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