Dal 3 al 5 marzo è andato in scena al teatro delle Sedie di Roma Brividi a buon mercato di Andrea Pergolari.

Sul palcoscenico troviamo nei panni dei tre protagonisti Gioia Montanari, Edoardo Ciufoletti e Francesco De Laurenzi.

C’è una cantante di grande successo che, come spesso accade, è stata distrutta dalla vita.

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E c’è un uomo nell’ombra, che l’ha seguita passo passo, senza mai svelarsi.

Una biografia possibile ed eccessiva.

Brividi a buon mercatoQuella di un’artista prodiga della sua sensibilità, che spende le sue emozioni fino al loro completo esaurimento. Ma anche un racconto a sorpresa, con più di uno scarto narrativo. Materia e tema da melodramma fiammeggiante, ma il tono è quello della farsa grottesca. Perché un passo dietro il dramma si nasconde il comico.

Punto forte dello spettacolo è sicuramente l’atmosfera casalinga venutasi a creare grazie ad una scenografia in linea con l’arredamento del teatro che ospita la rappresentazione.

Fin dai primi momenti lo spettatore viene infatti catapultato in un ambiente familiare, con tutte le sue stranezze e particolarità, e spinto a percepire gli attori come dei coinquilini.

Tutto questo ovviamente diventa possibile grazie al talento e alla naturalezza dei protagonisti sebbene, durante alcuni scambi di battute, Ciufoletti si lasci andare al punto da far risultare la propria recitazione leggermente sopra le righe.

Nonostante il testo riesca a regalare molti spunti di riflessione sulla notorietà e ai processi di autodistruzione a cui può portare, riprodotti in maniera eccezionale dalla Montanari, non si può negare la delusione provata da un finale inaspettato ma allo stesso tempo fin troppo banale.

Dopo che una buona costruzione dei personaggi e delle situazioni trasportano il pubblico verso quello che sembra essere il monologo conclusivo, caricando lo spettatore a livello emozionale e tenendolo in tensione per ciò che potrebbe accadere dopo, Pergolari decide inspiegabilmente di “annullare” la propria opera in cambio di qualche minuto in più fatto di scene semplici con un impatto praticamente nullo creando in noi, di conseguenza, l’idea di non essere riuscito a gestire un finale più grande di lui.

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