Esce oggi nelle sale Ritorno a L’Avana di Laurent Cantet

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Esce al cinema oggi, distribuito da Lucky Red,  Ritorno a L’Avana, nuovo lavoro del regista Laurent Cantet a due anni di distanza dal suo ultimo “Foxfire – Ragazze Cattive” .

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Torna a Cuba dopo “7 Days in Havana”, film collettivo basato  almeno in tre episodi, su un testo di Leonardo Padura Fuentes che ne curò anche la sceneggiatura.

Sempre da un romanzo di Padura, “Le Palmiere et L’Etoile” e dal suo protagonista prende lo spunto il regista transalpino per questo lungometraggio. Un film che ha origine ben prima di “Foxfire” e che arriva ora carico di aspettative sugli schermi.

Lo dico subito, dopo aver tanto amato il Cantet  vincitore della Palma d’Oro 2008 con “La classe – Entre les murs”, sono rimasto deluso da “Ritorno a L’Avana”.

I temi del film sono quelli cari allo scrittore cubano: l’analisi di quella generazione “reduce” dal cosiddetto “periodo speciale” decretato da Fidel Castro.

Tutto si svolge sulla terrazza di casa di Aldo (Pedro Julio Diaz Ferran) che raduna tre amici per festeggiare il ritorno temporaneo a Cuba di Amadeo, scrittore in crisi di ispirazione ( Nestor Jimenez) .

Gli altri protagonisti sono Eddy, l’unico dei tre ad aver sfondato e che si gode la bella vita, Rafa (Fernando Hechevarrìa) che dopo gli anni di gioventù in cui era un pittore più che promettente, ha ”svenduto”  la sua arte pur di vendere qualcosa.

Infine l’unica donna del gruppo Tania, la bionda dottoressa senza peli sulla lingua con un passato da rubacuori.

Il film scricchiola in più di un frangente. L’intento è quello di mostrare cinque amici che si ritrovano per ricordare la loro giovinezza e terminano per fare i conti col proprio percorso di vita (un tema un po’ stereotipato non vi pare?). Più di una  volta si parla di “Amici” ma il modo con cui i cinque si affrontano e se ne dicono  di tutti colori senza tregua, sembra tratteggiare tutto fuorché un rapporto di amicizia. C’è qualcosa di credibile nel rimanere a cena con una persona che ti dice che sei un opportunista, traffichino pronto a tutto e che magari ha affatto i soldi in maniera illecita passando sopra ogni principio?

I ritmi soprattutto sono soporiferi e certamente la sceneggiatura si sarebbe prestata meglio ad una trasposizione teatrale piuttosto che cinematografica.

Le interpretazioni degli attori non lasciano il segno eccezion fatta per Jimenez  e il doppiaggio italiano non aiuta. Non basta il finale che svela il perché dell’esilio forzato di 16 anni a Madrid di Amadeo a risollevare completamente le sorti del film.

Come al solito aspetto di sentire cosa ne pensate voi, il mio è uno spunto di riflessione. Andate al cinema, sempre!

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