La fotografia di strada è il regno della spontaneità: volti anonimi, gesti quotidiani, scene fugaci catturate in un istante. Ma cosa accade quando il nostro obiettivo invade lo spazio di chi non vuole essere ritratto? La libertà creativa del fotografo può scontrarsi con il diritto all’immagine e alla privacy delle persone. È possibile raccontare la vita urbana senza violare l’intimità di chi la vive?


Il diritto all’immagine e le sue eccezioni

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In Italia il ritratto di una persona non può essere pubblicato senza il consenso dell’interessato, salvo alcuni casi di interesse pubblico. Già il regio decreto-legge del 1925, ripreso poi dalla legge del 1941, affermava che l’immagine può essere pubblicata solo per fini scientifici, didattici o quando si riferisce a fatti avvenuti in pubblico. La normativa aggiunge che la pubblicazione è vietata se l’uso dell’immagine reca pregiudizio all’onore o al decoro della persona. Scattare in strada è lecito, ma pubblicare senza riflettere può violare diritti fondamentali.

Il consenso non è sempre necessario: la legge prevede eccezioni per immagini di personaggi noti, per eventi di interesse pubblico o per scopi culturali. Tuttavia, chiedere il permesso quando possibile è una pratica rispettosa. Se il soggetto ritratto è riconoscibile, il fotografo dovrebbe informarlo e ottenere il consenso, soprattutto se l’immagine sarà usata a fini commerciali. Nei casi in cui il contesto abbia valore documentaristico o giornalistico, è bene valutare se l’interesse del pubblico prevale sulla tutela del ritratto.


Etica, responsabilità e i maestri della fotografia di strada

Un fotografo di strada etico considera l’impatto delle sue immagini. Inquadrare persone vulnerabili o in situazioni delicate richiede sensibilità: chiedersi se la foto possa danneggiare, ridicolizzare o stigmatizzare il soggetto è un dovere morale. Prima di pubblicare, conviene riflettere: questa immagine aggiunge qualcosa al racconto o è solo voyeurismo? Allo stesso tempo, la street photography resta un potente mezzo per documentare la vita urbana nella sua autenticità. La sfida è trovare l’equilibrio tra testimonianza e rispetto dell’altro.

Per comprendere la forza della fotografia di strada, vale la pena ricordare alcuni autori che ne hanno segnato la storia:

  • Alex Webb, fotografo Magnum che ha rivoluzionato la street contemporanea con l’uso del colore. Le sue immagini, scattate in America Latina, uniscono strati complessi di persone ed elementi per raccontare la complessità della vita urbana. Webb predilige un approccio intuitivo e spontaneo, lasciando che siano la luce e le persone a guidare lo scatto.
  • Vivian Maier, una figura misteriosa che lavorava come tata e fotografava per puro piacere. Le sue foto, scoperte solo dopo la sua morte, mostrano l’ordinario con uno sguardo personale e non influenzato. Maier si definiva “una sorta di spia” e preferiva osservare piuttosto che essere vista.
  • Gianni Berengo Gardin raccontava che, negli anni ’60, portava sempre con sé la Leica mentre si recava al lavoro. Un mattino d’inverno scattò un’unica foto su un vaporetto di Venezia che segnò il suo passaggio da dilettante a professionista. In un’epoca in cui la privacy era una nozione quasi inesistente, quell’immagine spontanea è diventata una delle sue più celebri.

Queste storie mostrano che la street photography può essere poetica, ironica o cruda. Ogni fotografo ha il proprio approccio, ma tutti condividono la consapevolezza di trovarsi di fronte a persone reali. Studiare i maestri aiuta a capire come rispettare i soggetti pur catturando l’essenza della vita urbana.

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