I ritorni: le polemiche preSanremo, Celentano, True Detective e altre amenità

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Inizia Sanremo con lo strascico delle solite polemiche. Quanto pagano i presentatori…la dichiarazione di Baglioni e la relativa telefonata chiarificatrice con Salvini. Ah si..nel frattempo hanno anche fatto ascoltare le canzoni in gara. Ma non le ho sentite quindi rimando le opinioni su Sanremo.

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Si, stasera inizia quella roba di Celentano che con la promozione a volume automaticamente aumentato ha già ammorbato. Non lo seguirò. Anche perché dallo scorso lunedì (in lingua originale) all’inizio di Marzo, il lunedì è votato alla terza stagione di True Detective .

Ovvio che ho visto le prime due puntate in lingua originale con i sottotitoli in italiano. Però che fatica seguirlo. Quell’inglese americano è di difficile comprensione, tutto costretto, parole mangiate, frase mono tone (non monotone..proprio pronunciate con un unico, basso, tono di voce).

Però. Però il creatore Nic Pizzolatto, dopo la deludente seconda stagione, è tornato allo script delle origini, quella storia oscura di omicidi restati per anni aperti, raccontata su piani temporali diversi, dove i protagonisti buoni hanno a loro volta storie intricate, malesseri interiori.

Pizzolatto rende qui star assoluta il protagonista, l’attore Mahershala Ali (accidenti, avevo appena imparato a scrivere Matthew McConaughey!), premio oscar per Moonlight, recente miglior attore ai Golden Globe per Green Book da noi ancora inedito).

Ali (per comodità), interpreta un poliziotto che segue negli anni un caso di scomparsa/omicidio di due fratellini, sulla scena della remota provincia americana, quella lontanissima dai grattacieli e dal glamour. Se nel primo True Detective i piani temporali erano due, qui Pizzolatto snoda la narrazione su ben tre piani temporali, chiedendo ad Ali uno sforzo interpretativo notevole, prova che l’attore supera a pieni voti.

L’intreccio è avvincente, la tensione è sempre molto alta, lui è bravo, il suo compagno al momento è relativamente messo in luce. Tutto bene fino a qui. Ma manca Rusty Cohle, manca anche il suo compagno Martin Hart (Woody Harrleson). Del resto, True Detective era stato scritto per loro, tanto che i due attori sono (tutt’ora) coinvolti nella serie come produttori esecutivi.

L’accoglienza negli Stati Uniti è stata tiepida, con risultati di pubblico inferiori alle aspettative. Però la storia c’è. Consiglio comunque di vederlo doppiato in italiano. Si rischia di seguire solo i sottotitoli e non la storia.

Ma ho parlato di ritorni (plurale quindi) Il secondo ritorno a cui ho assistito questa settimana è teatrale. “We will rock you” (devo dire ancora che è il musical scritto con le canzoni dei Queen?) è di nuovo in tour e tra pochi giorni si prepara ad affrontare il pubblico milanese (Al teatro Ciak per tre settimane, dal giovedi alla domenica).
Ho avuto modo di collaborare nel 2011 con la produzione italiana di We will rock you, e ho avuto modo di vedere anche la versione originale inglese al teatro Dominion di Londra dove è andato in scena per oltre 10 anni consecutivi.

La versione di quel periodo era ricca di effetti speciali in una scenografia maestosa. La versione 2018/2019 ha ridotto scene ed effetti e presenze di ballerini sul palco. Non solo in Italia, ma anche nei paesi (come in Francia) dove viene rappresentato.

Questo per fare in modo di portare la produzione anche in teatri di medie dimensioni.
Qui lo show è tutto sulle spalle degli interpreti, molti dei quali già in scena nella prima edizione. Troviamo infatti Salvo Vinci (Galileo), Valentina Ferrari (Killer Queen), Loredana Fadda (Oz), Massimiliano Colonna (Pop), Paolo Barillari (originariamente Brit, ora Khashoggi). E le due nuove entrate Alessandra Ferrari (Scaramouche) e Claudio Zanelli (Brit).

Loro sono lo show. Le loro voci sono lo show. E se volete sentire come si canta davvero, andate a vedere We Will Rock you. Che, tra l’altro, sta raccogliendo successi e tutto esauriti ovunque, penso anche grazie alla nuova Queen mania scoppiata grazie al film (non lo nomino, è inutile…).

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