Il balletto del nostro tempo di Valerian Svetlov

(introduzione, traduzione e cura di Michaela Böhmig)

Una vivida testimonianza sulla danza negli anni dei “Balletti russi” di Sergej Djagilev, con oltre cento illustrazioni tra foto d’epoca e bozzetti a colori di costumi e scenografie.


Esistono dei libri che non si può assolutamente far a meno di aver letto.

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Tra questi – per chi ama la nobile arte della danza e del balletto – spicca il presente testo che aiuta a comprendere al meglio la sua evoluzione e come il mondo coreutico sia diventato quello che è oggi.

Pagina dopo pagina, la luce dell’essenza più vera, guida il lettore ad una decifrazione imprescindibile. A distanza di decenni tutto ciò che riguarda i “Ballets Russes” e il suo fondatore Sergej Pavlovič Djagilev sono costantemente motivo di interesse, di scoperta, di studio, di ricerca, e di fascino inalterato nel tempo.

Un’impresa che ancora oggi appare straordinaria, resa possibile dall’impresario teatrale russo e da altre figure di spicco che hanno messo al servizio dell’arte l’innato talento come Anna Pavlova, Vaclav Nižinskij, Tamara Karsavina, Igor’ Stravinskij, Serge Lifar, Bronislava Nižinskaja, Leonide Massine, Michele Fokine, Enrico Cecchetti passando da località leggendarie come Montecarlo, San Pietroburgo, Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, New York e ai teatri più prestigiosi della scena internazionale. 

Numerosi i nomi che hanno composto i “Ballets Russes”, che in piccola o grande misura hanno contribuito a dare lustro alla compagnia e al mito. Analizzando i “Ballets Russes” quale fenomeno irripetibile dell’inizio del XX secolo, non solo sul versante tersicoreo ma anche su quello puramente teatrale ed estetico, si ha una visione delle correnti artistiche caratterizzate da un programma di rottura e rinnovamento.

Nel pensiero di Djagilev troviamo ciò che di meglio è stato creato in epoca moderna, spaziando in vari ambiti, tra cui scenografie e costumi, grafica, storie intime e personali mescolate al pubblico, senza tralasciare l’aspetto mondano e glamour che ha fornito lustro allo stile, alla moda, all’interior design, e ai complessi decorativi.

Partiture e manufatti immortali per altrettanti immortali balletti come “Les Sylphides”, “L’uccello di fuoco”, “Petruška”, “Pulcinella” che diedero inizio al periodo neoclassico, e lo scandaloso “Sacre du Printemps” ma tanti e altri sono i titoli passati alla storia grazie all’intuito di Djagilev.

Basti pensare a “Carnaval”, “Schéhérazade”, “Le Spectre de la rose”, “L’après-midi d’un faune”, “Parade”, “Daphnis et Chloé”, “Jeux”, “La Boutique fantasque”, “Les biches”, “Apollon musagète” e numerosi altri capolavori.

Valerian Svetlov era già un romanziere molto popolare quando, appassionatosi alla danza, cominciò a scriverne nell’ultimo scorcio dell’Ottocento. Entrato in contatto con Sergej Djagilev, ne diventò uno dei più stretti collaboratori prima e durante le Stagioni dei Balletti russi del 1909 e 1911 a Parigi.

Di tale esperienza, come di altri importanti capitoli della storia della danza in Russia, legati a Marius Petipa e a Isadora Duncan, lasciò una brillante descrizione in “Il balletto del nostro tempo”.


Il volume (edito da Gremese nella collana “Biblioteca delle Arti”, 256 pagine con illustrazioni), oggi unanimemente considerato uno dei testi di danza più illuminanti del primo Novecento, uscì nel 1911 in lingua russa e l’anno successivo in francese: due edizioni di pregio impreziosite da rare fotografie e dai bozzetti a colori dell’artista Lev Bakst, e diventate nel tempo autentiche rarità bibliografiche.

In queste pagine, Svetlov attinge alle sue impressioni di testimone oculare – uno dei pochi ammessi anche dietro le quinte degli spettacoli – e alle recensioni di giornali e riviste francesi dell’epoca per far rivivere una stagione irripetibile della danza e del balletto, così come della musica e della scenografia, e portarne altresì in primo piano gli straordinari protagonisti: coreografi e danzatori come Michail Fokin, Tamara Karsavina, Anna Pavlova, Vaclav Nižinskij, musicisti come Nikolaj Čerepnin e pittori come Lev Bakst, Aleksandr Benois e Nikolaj Rerich. 

Quella qui proposta è la prima versione italiana dell’opera. Tratta dall’originale russo, essa è preceduta da ampi testi introduttivi, accompagnata da un dettagliato apparato di note esplicative e infine seguita da un’appendice con l’elenco dei balletti citati e la bibliografia della sterminata produzione dell’autore, in ambito letterario e ballettistico.

Valerian Svetlov nacque a Pietroburgo nel 1859. Di famiglia altolocata, fin dagli anni del servizio militare si dedicò alla scrittura, esordendo non ancora trentenne come autore di racconti e romanzi – alcuni dei quali, come il romanzo storico L’avventuriera (1902), riproposti ancora in anni recenti. Prosatore prolifico e poliedrico, verso la fine dell’Ottocento prese a dedicarsi alla storia e alla critica di danza e balletto, abbandonando progressivamente la narrativa.

All’intensa attività di recensore per giornali e periodici – tra i quali il prestigioso “Annuario dei Teatri imperiali” – affiancò una produzione via via sempre più ampia e diversificata: dalla storia della danza (Saggio storico sulla coreutica antica, 1900; Il balletto di corte in Russia dalle origini fino al regno dello zar Alessandro I, 1901-02) alle raccolte di saggi sul balletto (Tersicore, 1906; Il balletto del nostro tempo, 1911), dalle monografie su alcune stelle dell’epoca (O.O. Preobraženskaja, 1902) sino alla scrittura di libretti.

Dopo la Rivoluzione d’ottobre del 1917, emigrò a Parigi, continuando a scrivere di balletto russo e di artisti russi emigrati, e collaborando anche a periodici inglesi e francesi come “The Dancing Times” e “Archives internationales de la danse”. Si spense nella capitale francese nel 1935. 

Michaela Böhmig, studiosa di cultura russa nelle sue articolazioni letterarie, artistiche, teatrali e coreutiche, è stata professoressa ordinaria di Letteratura russa all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”.

Ha pubblicato numerosi saggi su autori russi dell’Ottocento e del Novecento ed è autrice delle monografie Le avanguardie artistiche in Russia. Teorie e poetiche: dal cubo-futurismo al costruttivismo (De Donato, 1979), Das russische Theater in Berlin 1919-1931 (Otto Sagner, 1990), La danza libera nel paese del balletto. Isadora Duncan in Russia (1903-1918) (UniversItalia, 2016).

Ha collaborato inoltre alla Storia della civiltà letteraria russa (UTET, 1997) con il capitolo La letteratura e le altre arti .

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