Nell’ambito della mostra OPEN. Confini di luce per un mondo di pace, promossa e organizzata dal Comune di Trieste – Assessorato alle Politiche della Cultura e del Turismo e curata da Marianna Accerboni, nella Sala Carlo Sbisà del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, venerdì 6 giugno alle 19, avrà luogo il secondo degli eventi collaterali della rassegna, con l’intervento di Diego Marani, scrittore e glottoteta di fama internazionale, che dialogherà con la curatrice sul tema molto attuale di “Com’è cambiata oggi la percezione del confine?”.
L’argomento è perfettamente in linea con il filo conduttore della mostra OPEN, progetto espositivo multimediale di arte visiva e musica che, attraverso la multiforme creatività di 7 artisti contemporanei del Nord Est – Paolo Cervi Kervischer, Claudio Mario Feruglio, Jasna Merkù, Zoran Music, Luigi Spacal, Carlo Vidoni, Toni Zanussi –, suggerisce, nello spirito e nel contesto borderless di GO! 2025 – Gorizia e Nova Gorica Capitale europea della cultura, di cui fa parte, un mondo di pace e di condivisione.
«Siamo abituati a pensare al confine – spiega Diego Marani – come ad una linea, una barriera che segna la fine di una cosa e l’inizio di un altra. Ma in latino confine si dice limes e il limes era il viottolo che costeggiava i campi. Non divideva, accompagnava. Il confine non è dunque una cesura ma un luogo vero e proprio. Del resto in inglese si parla di borderland, un sostantivo che dà al confine un’estensione. Gli artisti di questa mostra esplorano la terra di mezzo del confine e la usano anche per misurare un loro confine artistico. Forse inconsapevolmente praticando l’antica religione romana devota al dio Terminus, celebrato l’ultimo giorno dell’anno, protettore dei confini non solo geografici ma anche morali ed etici. C’è in queste opere come in ogni confine, la certezza della provvisorietà. Come il confine non è mai definito per sempre ma cambia e cambia chi vi si affaccia, così l’arte non cessa di spostare i propri confini al punto da avere come unico vero confine la ricerca. Il confine ha un potere inaudito e spesso credendo di dividere noi dagli altri per impedire ogni commistione, finisce per far esistere un altro ancora, un terzo identitario che ha bisogno degli altri due per esistere. Queste opere praticano esattamente questo artificio e si proiettano al di là di quello che esprimono, nella diversità degli stili e delle tecniche in un ammiccamento all’altrove che, ci si rende conto, scaturisce dal loro accostamento, dall’essere sapientemente riuniti in questa mostra.»
Seguirà una visita guidata alla mostra OPEN e una degustazione di vini dell’Azienda Agricola Zidarich (Prepotto, Duino Aurisina).