Raramente capita di assistere ad uno spettacolo da un titolo apparentemente leggero, un titolo che sembra quasi “sbagliato e inadeguato”, uno di quegli spettacoli  nei quali nel momenti in cui  ti siedi non hai nessuna piacevole aspettativa.  Pensi ti annoierà e ti farai una piacevole pennichella  per ritrovarti  poi con sorpresa e stupore a partecipare e a vivere  ad una piece che di sbagliato ha poco o nulla.

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Il coraggio fa….90 scritto e interpretato da Giuseppe Arnone e diretto da Claudio Zarlocchi  in scena al teatro Millelire dall’otto al tredici aprile è una delle più belle e piacevoli sorprese degli ultimi mesi nello scenario degli spettacoli off.

Il coraggio fa ….90 è la storia di un ragazzo siciliano trapiantato a Milano per lavoro, città che al protagonista non ha rubato apparentemente solo l’identità ma anche l’accento. Ma questo è solo il prologo ironico-amaro per catapultarci con le ali della nostalgia in un paesino della Sicilia, con il suo profumo di arance e limoni e di mare, e quegli odori sembra quasi di sentirli. E poi i ricordi si spostano all’estate degli anni 90, a quel mondiale che vede la consacrazione di Totò Schillaci e del “codino forse arruso” Roberto Baggio. Personaggi che vivono e rivivono come personaggi mitologici negli occhi di quel bambino seduto davanti ad una televisione Philips 32 pollici insieme alla sua numerosa e colorata famiglia. Il testo funziona molto bene, con una scrittura semplice, ironica, molto vera e appassionata da cui traspare benissimo tutta la malinconia e la poesia di un tempo andato, si sente quasi il sapore, il calore e il sole di quel paesino della Sicilia, l’identità e l’orgoglio di una famiglia e di una realtà che forse non esistono più. Giuseppe Arnone è bravissimo ad interpretare un monologo non monologo, dando mille voci e accenti alla  narrazione, il personaggio diventa multiplo, trasformista ad un certo punto sembra di vedere diversi personaggi in scena ma in realtà è sempre uno. Si ride, si sorride, si sogna ci si commuove e le ali della nostalgia alle note agrumate di fiori di arancio ci riconducono in tempi in cui la vita sembrava più leggera e i sogni sembravano così maledettamente vivi e a portata di mano.

Inaspettato il finale, che per denuncia sociale e valenza storica dell’avvenimento meritava un respiro più ampio e maggiormente approfondito. Uno spettacolo che comunque sorprende per originalità, bellezza e ricchezza poetica. Assolutamente da vedere e da applaudire.

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