IL RACCONTO DEI RACCONTI

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C’è una regina in pena, che rimane incinta all’istante solo dopo aver seguito il consiglio di un negromante di  mangiare il cuore di un drago cotto da una vergine; ma ci sarà un altro figlio, oltre al suo, e questo sarà la causa di molti dolori. C’è una giovane principessa che sente i primi desideri carnali e chiede al padre di trovarle marito; il re inventa uno stratagemma per tenerla legata a sé, ma non tutto va secondo i suoi desideri. Ci sono due sorelle, vecchie e avvizzite, che vivono in una stamberga vicino al palazzo reale; il re sente una delle due cantare con voce melodiosa, ne è irresistibilmente attratto e vuole vederla in faccia per poi farla sua sposa; le donne provano a gabbare il sovrano, ma solo l’intervento di una fata dei boschi risolve la situazione.

Signori e signori, ecco a voi il fantasy. Quello vero, sfrondato dalle battaglie interminabili, dagli intrighi di corte, dalla riproposizione in un alto medioevo posticcio di trame troppo umane per essere fiabesche. Quello delle favole della buonanotte, con cui da bambini ci si addormentava, sognando sorridenti belle addormentate e principi azzurri o scrutando nell’ombra il possibile arrivo di un lupo cattivo o di un orco. Il napoletano Giambattista Basile scrisse nel XVI secolo 50 fiabe, raccolte in un libro dal titolo eloquente. “Lo cunto de li cunti”. Nemo propheta in patria, purtroppo: la sua fortuna fu breve nel nostro Paese, ma Basile ispirò i fratelli Grimm e Andersen nella caratterizzazione di quel che significa la parola “favola”. Matteo Garrone, che da sempre gioca sia con l’estremizzazione delle immagini sia con la goticità dei temi (ricordiamo il fulminante esordio, “L’imbalsamatore”, che può tranquillamente annoverarsi come dark tale), non poteva non essere affascinato da un’antologia così archetipica. Quel che sorprende, e non era affatto scontato, è la capacità del regista  di manipolare le vicende in una chiave che sappia mantenere la sospensione fiabesca del racconto popolare, e nel contempo inoculare nell’animo di chi guarda tematiche di sconvolgente modernità e attualità: il possesso, la condizione femminile, la ricerca dell’eterna giovinezza, la smania per la bellezza, la debolezza nascosta. Il tutto usando con ammirevole parsimonia gli effetti speciali (non è solo una questione di budget: è prima di tutto una scelta artistica, del tutto vincente), e ridando quindi allo sguardo dello spettatore una veridicità a volte perfino esagerata, ma con una grazia tale da restare sempre in bilico tra l’eleganza e il cattivo gusto. In bilico, come sanno fare i saltimbanchi che sono presenti in tutte tre le storie che si intrecciano nel film, quasi come un cinema ambulante che fa ridere le corti, aiuta i disperati e allieta i momenti topici, un cinema che arriva quando il racconto è nel suo pieno, lo dirige verso luoghi inaspettati, e cambia per sempre le sorti di chi vi si affida. E’ questa metafora che dona ancora più potenza a un film il cui incedere non lascia spazio alla leggerezza o alla banalità, e risulta in qualche punto difficoltoso, ma che sa ricreare i mondi fatati in cui si immergeva da bambini con una tale consapevolezza da essere una pietra miliare per ogni aspirante sceneggiatore e un capolavoro di maturità per il nostro cinema e per un regista come Garrone, amato più all’estero che in patria proprio come il Basile di cui mostra la straordinaria saggezza.

IL RACCONTO DEI RACCONTI – Regia: Matteo Garrone – Con: Salma Hayek, Vincent Cassel, John C. Reilly, Toby Jones, Bebe Cave, Stacy Martin – Sceneggiatura: Edoardo Albinati, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso – Liberamente tratto da “Lo cunot de li cunti” di Giambattista Basile – Fotografia: Peter Suschitzky – Musiche: Alexandre Desplat – Montaggio: Marco Spoletini – Scenografia: Dimitri Capuani – Costumi: Massimo Cantini Parrini – Prodotto da: Matteo Garrone, Jeremy Thomas, Jean e Ann-Laure Labadie – Produzione: Archimede, Le Pacte, Rai Cinema, Recorded Picture Company – Distribuzione: 01 Distribution – Durata: 128 min. – Italia/Francia, 2015

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