Anselmo Luisi è un giovane e vivace batterista, percussionista e percussionista corporeo, o body percussionist se vogliamo essere più internazionali. È originario di Trieste, tuttavia a Trieste non si è fermato poi molto.

Dopo aver conseguito il diploma in percussioni classiche al Conservatorio, si è spostato a Milano per ottenere un diploma in batteria jazz alle Scuole Civiche ed una laurea in economia per arte, cultura e comunicazione niente di meno che all’Università Bocconi.

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Anselmo inizia ad avvicinarsi alle percussioni quando era molto piccolo e da allora non ha più smesso di esplorare il mondo della musica.

Gli avvenimenti più significativi della sua vita sembrano essere accaduti tutti per caso, portandolo a svolte artistiche interessantissime e sempre diverse.

Quando avevo più o meno sei anni entrai in un corso di musica propedeutica per bambini e poi la maestra mi consigliò di continuare lo studio di uno strumento. Io scelsi la batteria perché faceva casino. (ride) Non sono un figlio d’arte ma i miei genitori sono stati apertissimi alla mia passione e mi hanno sempre spronato.”

E poi più tardi sei entrato al Conservatorio di Trieste

Anselmo LuisiFu, Gabriele Centis, il mio insegnante di batteria di allora, a convincermi a provarci. Diciamo che ci entrai un po’ per sbaglio, nel senso che ci provai e funzionò.

Dopodiché ho continuato il Conservatorio cercando di portare avanti ciò che avevo iniziato, insieme al mio amore per la musica.

All’inizio dubitavo un po’ del percorso classico. Ho iniziato a crederci di più verso la fine, mentre mi preparavo per l’esame di diploma in percussioni classiche.

Dalle tue esibizioni su Youtube ho notato che spazi molto attraverso vari generi musicali. Per esempio fai parte di una band di musica irlandese chiamata i Wooden Legs ma ti occupi anche di rock e jazz. C’è un genere in cui ti identifichi di più?

Non mi piace identificarmi in un genere e basta. Cerco di spaziare, di non limitarmi.

Almeno per come la vedo io, non si può trovare l’identità in un genere specifico; si può cambiare nel corso del tempo.

E come ti sei avvicinato alla body percussion?

Per caso, anche in questa occasione. Mentre stavo seguendo un corso di coro alla scuola jazz di Milano ho conosciuto un ragazzo originario del Brasile che faceva body percussion. Lui mi ha indirizzato al suo maestro, Daniel Plentz, il batterista del gruppo pop  “Selton”.

Daniel Plentz mi ha dato qualche lezione e mi ha quindi fornito le basi di questa disciplina. Ovviamente già sapevo suonare le percussioni e la batteria, e così poi ci ho aggiunto qualcosa di mio.

Con la body percussion ho approfondito di più il mondo della consapevolezza corporea.

Pensi che il settore della body percussion possa essere ampliato di più?

La body percussion è una delle maniere più antiche di fare musica, purtroppo però in Italia è ancora poco conosciuta. Naturalmente ci sono molte possibilità di ampliare questo genere e ce ne saranno sempre.

Quello che mi piace è che la body percussion si può applicare ad ambiti molto diversi, dalla danza al teatro,dalla musicoterapia al circo.

Poi hai cominciato anche tu ad insegnare body percussion, sia agli adulti che ai bambini. Ad esempio, attualmente, insegni body percussion all’Atelier Teatro Fisico di Torino.

Sì, ovviamente servono due approcci diversi. Con gli adulti si parla in termini nozionistici, mentre coi bambini c’è bisogno di inventarsi storie di fantasia che li portino ad eseguire l’esercizio.

Infatti tu sei stato anche docente di batteria e percussioni per i più piccoli al Contemporary Music Institute di Zhuhai, in Cina. Com’è cominciata quest’incredibile esperienza?

Anche questo è successo per caso. (ride) Alcuni miei amici di Milano ci stavano andando ed io ho scritto loro un post su Facebook chiedendo come avessero trovato quest’occasione. È venuto fuori che avevano bisogno proprio di un batterista, ed un mese dopo eravamo già in viaggio. Ho insegnato in Cina per tre mesi.

Hai riscontrato qualche differenza tra la musica europea e quella orientale?

Per ora in Oriente fanno piuttosto fatica a comprendere le fondamenta della musica Jazz.

La loro cultura tradizionale è molto lontana da questo tipo di musica. Il jazz nasce come una fusione tra la tradizione musicale africana e quella europea.

Noi europei dobbiamo già sforzarci di comprendere la radice africana, i musicisti asiatici devono fare un doppio sforzo per comprendere anche la radice europea.

C’è qualcuno a cui ti ispiri particolarmente nelle tue esibizioni?

Tutti e nessuno. Diciamo che non imito qualcuno in particolare ma cerco di prendere ispirazione da tutto.

Ultimamente sono rimasto molto affascinato dalla figura del pittore Wassily Kandisky, che ha cominciato a dipingere seriamente a 30 anni ed è riuscito comunque a cambiare la storia dell’arte.

Ciò mi fa capire che non è mai troppo tardi per prendere delle scelte radicali, che riguardino la propria vita come la propria arte.

Inoltre stimo molto Dario Fo ed il suo modo di interpretare il grammelot. Credo che avesse una maniera molto musicale di fare teatro.

Infatti tu hai portato il grammelot in alcune tue esibizioni aggiungendoci anche un tocco personale

Sì, adesso sono impegnato in uno spettacolo che si chiama “SBADABENG, l’arte di prendersi a schiaffi”, in cui c’è anche il grammelot. Quasi tutte le scene sono fondamentalmente comiche ma partono da un pretesto musicale.

Ho portato varie versioni di queste esibizioni in diverse parti dell’Europa e adesso la forma dello spettacolo è più o meno conclusa, ma si tratta sempre di una struttura aperta.

Prima di salire sul palco ti riscaldi in qualche modo particolare?

Sì, prima di suonare è importante riscaldarsi per non incriccarsi le ossa.

Faccio degli esercizi per il collo, le spalle, la mobilità delle articolazioni ed anche un riscaldamento vocale quando, per esempio, devo interpretare il grammelot.

Adesso sei appena tornato in Italia dal Marocco dopo un tour durato 2 settimane. In cosa consisteva questo tour?

Eravamo io ed un altro ragazzo, Damon Arabsolgar, che insieme formiamo il duo Mombao.

Facevamo dei concerti in cui io suonavo la batteria, lui il sintetizzatore ed entrambi cantavamo.

Il genere di questi concerti non è ben definibile, una fusione tra il rock e l’elettronica. Inoltre abbiamo tenuto anche dei seminari. Io mi dedicavo alla body percussion mentre Damon si occupava delle nozioni tecniche della registrazione. È stata un’esperienza incredibile.

In questi anni hai girato il mondo con la tua arte e ti sei allontanato piuttosto presto da Trieste. Come mai?

Bella domanda! Trieste è una città che amo, molto aperta all’Oriente, ma per anni è stata lasciata a se stessa.

Naturalmente ce n’è di gente intraprendente e che ha voglia di fare. Tuttavia ho notato che altrove si fa meno fatica a far crescere dei progetti indipendenti.

Anselmo LuisiHai qualche consiglio da dare a chi vuole entrare nel mondo della musica e più precisamente in quello delle percussioni e della body percussion?

In direzione ostinata e contraria, citando De Andrè, qualunque cosa succeda.

Hai qualche programma futuro di cui vorresti metterci al corrente? Qualche evento a Trieste?

A Trieste mi esibirò coi Wooden Legs il 16 marzo al Murphy’s meeting point, ed il 17 marzo alla Taverna Ai Mastri D’arme.

Sempre a Trieste, il 31 marzo, porterò in scena “SBADABENG, l’arte di prendersi a schiaffi” a Hangar Teatri.

Inoltre prima o poi vorrei fare un tour in Giappone, perché è un posto che mi affascina molto. Per ora, però, desidero continuare coi miei progetti attuali e farli crescere.

 

Anselmo Luisi è quindi un artista dalle mille sfaccettature, dinamico, spigliato ed ironico. È lui in prima persona a divertirsi nelle sue esibizioni e così porta tantissima allegria anche al pubblico che assiste.

Per saperne di più su questo effervescente musicista si può visitare il suo sito ufficiale: www.anselmoluisi.com , oppure la sua pagina Facebook:  www.facebook.com/anselmoluisiofficial

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