Intervista ai protagonisti di Per un istante allo Spazio Diamante

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Dopo lo strepitoso successo al Teatro Argot torna in scena Per un istante il testo nato da un’idea di Gian Piero Rotoli scritto e interpretato da Michele Cesari, Marco Palange, Gian Piero Rotoli, diretto da Alessandro Averone e Emanuela Liverani.

Sul palco dello Spazio Diamante dal 24 al 26 febbraio i tre attori tornano a raccontare la storia dei tre coinquilini alle prese con tre diverse relazioni amorose con tre donne differenti.

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Uno straordinario successo lo scorso anno al Teatro Argot. Ve lo aspettavate?

(Rotoli) La risposta del pubblico è stata molto calorosa e nello scrivere si aveva la percezione che avrebbe suscitato qualche sorriso, invece siamo stati accompagnati da sonore risate che ovviamente hanno fatto piacere.

Eravamo sicuri che i tre personaggi fossero tutti ben delineati e con un chiaro arco narrativo e forti di questo abbiamo affrontato il tanto amato e temuto pubblico.

(Palange) Questo successo e il fatto che lo spettacolo sia piaciuto molto sono due dei motivi per cui abbiamo deciso di riportarlo in scena, ma sapevo che poteva essere divertente: durante le prove, facendo e rifacendo le scene, spesso mi veniva da ridere quando la situazione diventata molto comica e nella giusta misura grottesca.

Quest’anno si replica in una nuova realtà, lo Spazio Diamante. Vi spaventa salire sul palco di uno spazio che ha ospitato poche volte la prosa e che comincia da quest’anno a farsi conoscere con proposte valide come Per un istante?

(Rotoli) Un po’ sì! Tuttavia lo spazio è molto interessante, ha un grande potenziale e, con qualche piccolo accorgimento, si può prestare bene per la prosa.

(Palange) Non mi spaventa andare in scena in uno spazio che ha ospitato pochi spettacoli di prosa. Alla fine il teatro lo fanno le persone, chi sta sul palco e chi sta sotto. Il teatro è condivisione e si può fare dovunque. Naturalmente ogni spazio e teatro cambia e spesso può fare la differenza.

L’idea è venuta a Gian Piero Rotoli ma com’è nata la voglia di raccontare questa storia?

(Rotoli) La voglia di raccontare le difficoltà nel conoscersi, capirsi e, quindi, capire l’altro e quanto tutto questa sia complicato nel momento in cui c’è di mezzo l’amore.

(Palange) Allora, la voglia di collaborare insieme nasce da Michele Cesari e in primis dalla possibilità che ci è stata data dalla nostra produttrice Cinzia Storari, alla quale dobbiamo tanto e che non finirò di ringraziare.

Cinzia disse a Michele che se voleva poteva proporgli un testo, un qualcosa di teatrale da portare al Teatro Argot.

Michele ne parlò con me e Gian Piero, che in quel periodo ci si vedeva spesso.

Ricordo una sera, arrivò un messaggio sul gruppo che avevamo e che abbiamo in comune noi tre attori da parte di Gian Piero Rotoli con scritto: “Ragazzi ho un’idea!!”.

I giorni dopo ci vedemmo e iniziammo a scrivere. Concludendo, la voglia nasce da tre amici che si divertono a lavorare insieme. La voglia di comunicare parte del proprio sentire tradotto in sceneggiatura teatrale.

In breve di cosa parla il testo?

(Rotoli) Tre coinquilini attraversano tre differenti fasi dell’amore : l’innamoramento (Stefano); l’accettazione dell’essere stati lasciati (Luca) e la comprensione di essere arrivati alla fine di una storia (Pierfilippo).

Ciò che ostacola i protagonisti nel loro percorso di crescita è rappresentato solo da loro stessi e dalle loro paure. C’è chi riesce ad affrontarle e a risolvere dei nodi, chi invece preferisce non farlo pur, tuttavia, acquisendone coscienza.

Tutti e tre i protagonisti della pièce sono alla ricerca di qualcosa che manca nelle loro rispettive relazioni e sembrano sempre molto più lucidi quando si tratta di dare consigli agli altri amici e coinquilini invece di mettere a fuoco la propria situazione e tentare di risolverla una volta per tutte. Quanto vi ritrovate in questa frase?

(Rotoli) Si ha sempre una maggiore lucidità su quello che accade al di fuori di noi, perché si riesce ad avere una visione più imparziale delle cose.

Questo non significa che non siamo in grado di capirci, solo che richiede molta più disciplina e capacità di autoanalisi e quando questo accade su premesse sbagliate, beh l’autoanalisi non serve a nulla.

Ecco perché gli amici, poi, sono così preziosi. Quelli che si prendono il disturbo di confrontarti e di farti anche arrabbiare, piuttosto che accondiscendere e ignorarti.

(Palange) È esattamente cosi. Ogni personaggio è lucido e clinico nel trovare la soluzione della situazione dell’altro, ovvero del suo amico e coinquilino, ma mai nel risolvere la propria situazione. Io credo che sia molto attuale e reale questa dinamica.

Paradossalmente il consiglio che si dà all’amico in difficoltà si dovrebbe seguire per primi e farlo valere per se stessi.

Parlate del rapporto con il vostro personaggio

(Rotoli) Stefano apre lo spettacolo facendo vedere il peggio di sé; è petulante, critico, cinico e ne ha una per tutti. Ma nella scena successiva iniziamo a vedere un cambiamento: il germe della cotta si è inserito nel suo sistema e dà inizio al suo viaggio.

Nella vita non sono cinico e quindi non mi rispecchio tanto in come il personaggio viene subito presentato, ma ho provato molte volte quell’euforia che lo pervade da un certo punto in poi.

Quella roba lì è come una droga, da adolescente e fino ai miei 22 anni la volevo provare in continuazione – OK sto mentendo, ho indugiato qualche anno in più – poi ho capito che ero innamorato dell’amore e di quelle sensazioni che suscitava… insomma lo costruivo pure dove non c’era – semplicemente per avere la mia dose emotiva.

Ripensandoci mi fa sorridere con molta tenerezza. Comprendere cosa sia l’amore è uno dei viaggi più complicati e difficili in cui l’uomo può imbattersi e spesso s’impiega una vita solo per afferrarne qualche concetto e più fortunati, chissà, la piena comprensione.

(Palange) Voglio molto bene al mio personaggio perché alla fine dei conti è un classico “bravo ragazzo” senza troppi “grilli per la testa”. Purtroppo, dopo 8 anni fidanzato con la propria compagna non è più lucido ed inizia un percorso introspettivo alla ricerca della “luce” e della soluzione del suo “tormento” interiore.

Credo che i tre personaggi possano essere tre facce della stessa medaglia… Sì, la medaglia ne ha solo due di facce. Diciamo una medaglia a tre facce, ecco!!

La regia è affidata a Alessandro Averone e Emanuela Liverani. Com’è essere diretti a due registi?

(Rotoli) Alessandro Averone è innanzitutto un bravissimo attore e avere il suo punto di vista ci ha sempre e costantemente aiutati. Emanuela Liverani, regista e sceneggiatrice, ha uno sguardo molto attento sul testo, sui personaggi e su ciò che accade in scena.

La loro direzione ha inoltre arricchito il testo e per lo stesso ragionamento che faccio alla risposta della domanda seguente, in un certo senso, dovrebbero figurare anche loro tra gli autori. Insomma questo lavoro è bello perché è l’unione di tanti sforzi e generosità da parte di tutti.

(Palange) Oltre ad essere due grandi professionisti, Alessandro ed Emanuela sono due ottime persone. È chiaro, l’avrei detto comunque, ma non per circostanza, bensì perché lo penso veramente e a me interessa che lo sappiano loro.

Mi hanno arricchito e soprattutto, va detto, quando si lavora con professionisti di un certo livello si vede tutta la differenza. Quindi anche grazie a loro posso dire di aver fatto un altro ed importante balzello in avanti nella mia carriera professionale come attore.

E scrivere un testo a sei mani, quanto è stato difficile?

(Rotoli) Abbastanza difficile. Per forza di cose, visto che l’idea partiva da me e quindi mi era molto chiaro l’arco narrativo, ho assunto un po’ le funzioni da capo sceneggiatore, come accade nelle serie TV. Abbiamo scalettato le scene e analizzato i singoli percorsi dei personaggi.

Però c’era sempre qualcosa che non funzionava. Anche se in una scena stabilivamo cosa doveva accadere, la stessa affidata alla scrittura dei miei colleghi, alla fine non coincideva con la visione narrativa globale e siamo giunti, così, a una prima stesura che non portava da nessuna parte.

A quel punto ho rivisto il testo, cambiandolo, riscrivendolo, stravolgendolo ma ci ho tenuto che lo firmassimo tutti e tre perché comunque insieme abbiamo parlato a lungo della storia, dei personaggi, è il brainstorming collettivo mi ha sempre dato degli ottimi input.

Ricordo che Marco, dopo aver letto quello che avevo scritto, aveva avuto una reazione di rigetto; gli piaceva, ma non era il frutto di quello che avevamo scritto insieme e si rifiutava di firmarlo.

Tuttavia anche a loro ho spiegato le motivazioni appena esposte qui e per cui era, per me, doveroso firmarlo tutti e tre anche se con pesi diversi, ma non per questo meno preziosi.

(Palange) È stata una scrittura lunga, tutta l’estate del 2015, ma ce l’abbiamo fatta. Anche e soprattutto grazie a Gian Piero Rotoli, che ha scritto la sceneggiatura finale e tutte le 11 versioni precedenti!

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