Dopo il successo dello scorso anno con Il Misantropo che ha registrato diversi sold out nelle due settimane di repliche, torna al Teatro Anfitrione una regia di Marco Belocchi. Dal 31 gennaio al 18 febbraio è in scena La bisbetica domata di William Shakespeare. Insieme allo stesso regista in scena troviamo Eleonora Pariante, Giustino De Filippis, Giuseppe Alagna, Maurizio Castè, Maurizio Ranieri,Valentina Maselli, Manuel Ricco, Alessio Pedica, Teresa Marra.

Dopo Il Misantropo torna in scena con La bisbetica domata
Da dove nasce questa passione per i testi classici?
Marco Belocchi
Eleonora Pariante e Marco Belocchi-foto di scena

Nasce ovviamente dalla passione per il teatro e quindi per tutti quei testi dai greci al Novecento che ne hanno fatto la storia. Mi piacerebbe molto, per esempio, mettere in scena anche altri autori del Sei e Settecento come Congreve, Racine, Calderon, Ford o Marlowe, Marivaux o Beaumarchais, ma qui in Italia è estremamente difficile farli accettare al pubblico e trovare di, conseguenza, una produzione che rischi in queste operazioni. Ciò non significa che non segua con interesse la drammaturgia contemporanea; tra l’altro ho diretto, e ancora collaboro, col Festival di Drammaturgia Contemporanea Internazionale “In Altre Parole” diretto da Pino Tierno e giunto alla XII edizione.

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Perché ha scelto questo testo?

Abbiamo puntato su Shakespeare perché è un autore molto conosciuto e la bisbetica è uno dei suoi testi più famosi e divertenti. Inoltre aveva le parti giuste per Eleonora Pariante e per me che interpretiamo Caterina e Petruccio e pur essendo uno dei testi giovanili dell’autore è comunque una macchina teatrale perfettamente funzionante.

Ci parla del suo allestimento.

Innanzitutto ho ripristinato il prologo, che molti tolgono. Non solo, dal testo coevo e anonimo, ma sostanzialmente simile, intitolato A taming of a shrew, (cambia solo l’articolo!) ho tratto degli interventi e l’epilogo che nella versione shakespeariana è inspiegabilmente caduto o perduto. Questa cornice l’ho ambientata in una bettola londinese dei giorni nostri. La messa in scena che fanno gli attori all’interno di questa cornice, invece, è ambientata in un tempo fiabesco. Un’Italia molto vicina al medio oriente, con sapori mediterranei ed etnici sia nei costumi che nelle musiche. Ne viene fuori un mix interessante che permette di giocare su vari registri, fino a spingersi alla farsa della commedia dell’arte, o alla ruvidezza del linguaggio contemporaneo. Un’ultima puntualizzazione sulla traduzione, che ho curato personalmente,  ho cercato di restituire un linguaggio molto parlato senza essere troppo corrivo, sboccato dove ce n’è bisogno, ma estremamente fluido.

Com’è dirigere ed interpretare un testo così impegnativo

Impegnativo, appunto. Specialmente quando si affronta contemporaneamente il personaggio principale. Il lavoro parte alcuni mesi prima approntando il testo e la traduzione, poi le scelte sulle scene e i costumi. Infine il cast ed un mese intenso di prove. Se si pensa che tutto questo è gestito, sia organizzativamente che amministrativamente, da una piccola produzione autogestita come la nostra, pur se abbiamo un’esperienza più che trentennale di lavoro teatrale alle spalle, si comprende come lo sforzo sia ai limiti delle possibilità. La buona riuscita quindi dà una soddisfazione tripla!

Il suo rapporto con gli attori? Sono emerse delle difficoltà o il cast essendo simile a quello de Il Misantropo, è già rodato?

Il mio rapporto con gli attori normalmente è molto buono, io non impongo nulla, devono essere le mie idee che devono convincerli della qualità della proposta. Inoltre mi piace stabilire un clima sereno e giocoso, perché solo così si può essere creativi e dare il massimo. Non credo agli isterismi e alle strategie della tensione. Ciononostante, e pur avendo un cast rodato, non sempre dalla riconferma di tutti si trae necessariamente giovamento. Talvolta cambiare qualche elemento porta linfa nuova e nuove motivazioni. Comunque la compagine è solida e ha dato il massimo.

Marco Belocchi
Eleonora Pariante
Ci parli della protagonista, Eleonora Pariante, com’è lavorare con lei.

Basterebbe rispondere che è un’attrice, nel senso pieno della parola, con tutti i pregi e i difetti che una vera attrice di teatro ha nel proprio DNA. Con le sue intemperanze, i suoi slanci di generosità, i suoi vezzi e le sue trovate al limite dello stravagante, con il suo fascino e le sue impuntature. Quindi va presa per il verso giusto, come tutte le attrici di talento (ma vale anche per gli attori) e allora, una volta che ti sei conquistato la sua fiducia, si può ottenere il massimo. In scena è un’ottima compagna di lavoro, ci si aiuta a vicenda e sai che puoi sempre contare su di lei. Devo inoltre aggiungere che il ruolo di Caterina le si addice particolarmente, proprio per le sue impennate di temperamento, la femminilità aggressiva e la prestanza fisica.

Un invito ai nostri lettori

Non posso che invitarli a venire a vedere un classico che, pur nella varietà delle messe in scene (personalmente ne ho viste due, tra cui quella storica del ‘74 di Enriquez con la Moriconi e Mauri), è sempre un grande gioco teatrale, che quasi solo  Shakespeare ci sa ancora regalare al di là del tempo e delle mode.

 

 

fonte foto
Ufficio Stampa La Bisbetica Domata
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