La Compagnia della Croce del Sud è davvero molto particolare: è composta da giovani talenti salernitani che, al Sud, hanno deciso di proporre cultura, lavoro, qualità. Ottenendo con la loro professionalità anche il consenso della Really Useful Group, società fondata da Andrew L.Webber – autore delle musiche originali dell’amatissimo Jesus Christ Superstar, proposto presso il Teatro Augusteo di Salerno in una speciale versione in lingua madre.

La supervisione artistica è di Steve Balsamo, in collaborazione con la regia di Brunella Platania e Luca Calzolaro: la loro visione sembra focalizzarsi molto sull’emotività rock della scena, declinando personaggi, costumi, arrangiamenti e scenografie come a voler circoscrivere tutti gli avvenimenti della storia nel retropalco di un concerto rock: a sostanziare il tutto, la potente presenza scenica dei musicisti che eseguono dal vivo l’intera opera, diretti dal Maestro Francesco Calzolaro.

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Ed ecco che i riflettori e la scala di accesso allo stage, di cui si intuisce solo uno scorcio sulla destra della scena, sono il fondale che vede susseguirsi a ritmo serrato tutti gli avvenimenti della storia più conosciuta, amata e raccontata di sempre, fino all’epilogo: un Jesus Christ interpretato da un bravissimo Fabio Manda che, in certi passaggi vocali, ha fatto pensare agli acuti dei Led Zeppelin“If God could sing, He would sound like Robert Plant” pare abbia detto qualcuno.

Una dolcissima e cristallina voce regala forza alla personalità di Maddalena, interpretata da Valentina Ruggiero, che sembra muoversi sulla scena come una groupie dall’anima candida, nonostante tutto. Judas è interpretato da Francesco Ranieri che, forse complice un particolare arrangiamento dei suoi cantati, ne propone una versione dal viraggio epic metal, come l’oscuro Caiaphas interpretato da Marco Signore, mentre il Pilato interpretato da Christian Gravina riporta l’atmosfera della scena nei tracciati originali.

Notevoli le scene di gruppo, a partire dall’ingresso degli “accusatori” incappucciati come rappers che puntano ciascuno una luce accecante sulla massa indistinta, come un interrogatorio senza appello; e la scena del Tempio, luogo ambiguo popolato da perduti, o la congrega di saltimbanchi che segue il folle Herod interpretato da Roberto Matteo Giordano, che resta in boxer e bombetta per tutto il tempo.
Ci sarebbe piaciuto vedere qualche coppia arcobaleno nelle scene in cui gli amici di Jesus erano seduti intorno a lui ad ascoltarlo parlare di amore, accoglienza, gloria, paura, a rendere più attuale tutto.

Del resto è la musica che struttura un percorso catartico accompagnando i personaggi sulla scena, che unisce, che annulla le barriere culturali, che descrive, salva e lenisce il dolore, che fa sentire parte di un mondo più grande di quello del singolo. È questa metafora, forse, uno dei più importanti messaggi emotivi e sociali dell’opera che utilizza il rock come piattaforma di comunicazione: non ci sono colori o appartenenze, ma solo semplici emozioni condivise, umane, proprio come in un enorme raduno di giovani che si ritrovano ad emozionarsi nell’ascoltare la stessa canzone.

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