Lucido, testo del drammaturgo argentino Rafael Spregelburd, apre la stagione 2018/2019 del Teatro Garybaldi di Settimo Torinese (Torino), intitolata “Corpi Contundenti”.

Una madre e due figli si recano in un esclusivo ristorante di Buenos Aires per festeggiare il compleanno del secondogenito. Sembrerebbe la tipica famiglia del Mulino Bianco, se non fosse per la mancanza del padre, deceduto da tempo.

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La serata sembra trascorrere in uno stato di serenità e calma apparente, anche grazie ai caustici interventi e suggerimenti di un cameriere dal bizzarro (com)portamento.

Foto Stefano Roggero

Un’atmosfera urbana contemporanea, in cui sogno e realtà finiscono per confondersi in pochi minuti, alternando ciclicamente le visioni oniriche del giovane Luca, con altrettanti paradossali spaccati di vita domestica.

Si scopre così che la primogenita Lucrezia, dopo quindici anni di lontananza dalla famiglia, torna a reclamare il rene che da bambina aveva donato al fratello minore, sostenendo in una lettera di averglielo “prestato”; suo marito si trova ora nella stessa condizione affrontata in precedenza da Luca (dialisi ospedaliera). Restituendo quel rene, il giovane salverebbe la vita cognato, perdendo naturalmente la sua.

La vicenda assume i contorni deformati di una telenovela sudamericana, ma l’efficacia della scrittura di Spregelburd  si concretizza nel delicato equilibrio tra homour nero e guizzi brillanti, che trova la sua completa espressione nello svelamento del cosiddetto “sogno lucido”, una tecnica psicanalitica di stampo gestaltiano, che consiste nello sviluppo progressivo della capacità di assumere consapevolmente il controllo del proprio materiale onirico da parte di Luca.

Lucido non è solo il titolo della pièce, ma soprattutto l’atteggiamento che il regista Jurij Ferrini (che si ritaglia anche un doppio, quanto enigmatico, ruolo di attore) assume nella direzione dei propri compagni di palcoscenico.

Rebecca Rossetti risulta altamente credibile nel ruolo di una donna emotivamente fragile e madre troppo apprensiva, che però ostenta fermezza nell’eloquio e nella modalità di prendere possesso della scena.

Federico Palumeri, nel ruolo di Luca, fa da specchio al personaggio della madre in tutti i sensi (anche con opportune e disinvolte immedesimazioni negli abiti e nello stile): una volta assunta una direzione interpretativa è in grado di sorprendere il pubblico, pur mantenendosi coerente per tutto lo spettacolo.

A non tradire il proprio ruolo a livello interpretativo è soprattutto Agnese Mercati, nei panni di  Lucrezia, la sorella maggiore, che sembra continuare a condizionare le scelte dei suoi familiari.

Ma è davvero lei a tenere tutti col fiato sospeso? O piuttosto un oggetto, sempre visibile sul palcoscenico, che le è appartenuto durante l’infanzia?

Spregelburd sceglie di affidare alcune risposte a una copia del romanzo Piccole donne

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