Assistere a questo spettacolo significa avere l’opportunità di capire perché i classici non muoiono, calvinianamente parlando. La locandiera di Goldoni è stata in scena fino al 2 febbraio al teatro Vascello in una produzione di Proxima Res con la regia innovatrice e pure non cervellotica di Andrea Chiodi. Segno che per compiere un ottimo lavoro non è necessario essere incomprensibili al pubblico.

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Il testo di partenza rappresenta un modello di perfezione compositiva del genere comico, in cui si spalancano già le molteplicità di una evoluzione psicologica di alcuni personaggi. Integrato da brani dei Mémoires è trasformato in testo scenico in una ambientazione metateatrale: un laboratorio di sartoria. Il lungo tavolo bianco e le strutture mobili con i costumi fanno pensare a questo, ma solo inizialmente. Poi il tavolo si duplica in mille ambienti differenti in verticale, in orizzontale e trasversalmente al palco stesso. Le luci di Marco Grisa seguono con creatività lo stesso gioco spaziale proposto dal regista, dando corpo e profondità ad ogni luoo. Il labirinto di opzioni è ulteriormente moltiplicato dalla duplicazione dei personaggi in piccole poupettes che a volte sdoppiano altre sostituiscono gli attori, creando illusioni su illusioni e un continuo e complesso gioco di metateatralità.

L’impressione generale è quella di una impostazione sottile orientata alla seduzione che va oltre la scena. Un play incentrato e incarnato da Mirandolina in veste chiaramente dongiovannesca e tragicomica. Mariangela Granelli è quanto di più adatto a rompere gli schemi storicistici e a trasformarsi in questa locandiera moderna, imprevedibile, agile, intellettualmente inafferrabile e per questo più  seducente che mai. Mette a frutto la sua fisicità non precisamente prorompente ma piuttosto regolare, affinché il personaggio riesca ad averla vinta sul peggiore nemico del suo sesso: gli uomini.

Accanto a lei, una teoria di prototipi maschili, forse archetipici, che la mettono alla prova. Fra questi, splendidamente in parte anch’egli, Fabio Marchisio dà del cavaliere una lettura tutt’altro che scontata o monolitica nella sua evoluzione emotiva. Ne sa sottolineare la burbera paura di essere sedotto, l’umana insicurezza, ma anche l’ammiccante ironia. Un posto a parte va tenuto per il movimentato Marchese di Tindaro Granata che conferma i suoi talenti ormai noti nella rilettura della comicità del personaggio, esuberante e fuori dagli schemi. Egli ammicca, singhiozza, sorride, improvvisa sempre con stile e senza dimenticare il gioco scenico che coinvolge tutti gli attori. Caterina CarpioCaterina Filograno completano un cast affiatato e consapevole del gioco di squadra, nonché favolosamente abbigliato grazie a Margherita Baldoni e Maria Barbara de Marco.

Esilaranti le musiche nel creare un apparente cortocircuito temporale, mentre il vero cortocircuito è solo per chi non capisce quanto un classico abbia ancora da raccontare.

Teatro Vascello

28 gennaio-2 febbraio 2020

La locandiera di C. Goldoni

Regia Andrea Chiodi

con (in ordine alfabetico)
Caterina CarpioCaterina FilogranoTindaro Granata (Marchese di Forlipopoli), Mariangela Granelli (Mirandolina), Fabio Marchisio
scene e costumi Margherita Baldoni
assistente alla regia Maria Laura Palmeri
disegno luci Marco Grisa
musiche Daniele D’Angelo
realizzazione costumi Maria Barbara de Marco

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