Catania – Diciassette attrici bloccate in uno schermo, da diverse parti d’Italia, danno voce ad una giovane donna che racconta la sua relazione con la madre attrice. La mia esistenza d’acquario, rarissimo testo del drammaturgo siciliano Pier Maria Rosso di San Secondo, chiude l’estate del Teatro Stabile di Catania, in un innovativo e ambizioso progetto, 100% digitale, ideato e diretto da Lydia Giordano, alla sua prima esperienza registica. Ad accompagnarla in scena in questa impresa: Sara Firrarello, Viola Graziosi, Roberta Lidia De Stefano, Caterina Luciani, Barbara Giordano, Deniz Ozdogan, Manuela Ventura, Sara Lazzaro, Silvia Valsesia, Egle Doria, Lisa Galantini, Isabella Macchi, Alice Spisa, Irene Timpanaro, Aurora Peres, Mila Vanzini, Roberta Caronia

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Lo spettacolo andrà in scena fino al 3 ottobre, alle ore 21, sulla piattaforma Zoom, rigorosamente dal vivo. Non un semplice streaming, quindi, ma un progetto artistico sperimentale nato e concepito per la fruizione web. Per l’occasione, abbiamo intervistato la giovane e talentuosa regista Lydia Giordano.

La mia esistenza d’acquario, uno spettacolo molto originale, sia per il testo che per il modo con cui verrà messo in scena. Come ti piacerebbe introdurlo?

È un vagliare un territorio completamente nuovo, con tutta l’incoscienza e l’ingenuità che tutto questo comporta. Dico questo perché l’idea non è venuta in seguito ad una lunga riflessione, magari per trovare qualcosa da fare durante la quarantena, ma mi ha praticamente attraversata all’improvviso quando ho ritrovato, nella libreria di casa, La mia esistenza d’acquario di Pier Maria Rosso, un autore fin troppo poco conosciuto rispetto ai suoi contemporanei.

Ed hai subito avuto in mente l’idea di dividerlo in 17 monologhi per 17 attrici da registrare tramite Zoom?

Stranamente sì. E uso la parola “stranamente” perché questo modo di lavorare è totalmente esterno a me. Io sono completamente per il teatro dal vivo e per l’improvvisazione quindi questo spettacolo rappresenta, sotto ogni aspetto, la mia antitesi. A sentirmi sembrerebbe assurdo che sia proprio venuta a me l’idea di realizzarlo in questo modo eppure, fin dai primi momenti, ho avuto ben chiara la visione di come avrei voluto rappresentare l’opera di Rosso. E così ho fatto nonostante i miei stessi dubbi e incertezze, dovute non solo per la situazione difficile in cui versavano il mondo teatrale e il paese ma anche per la sfida che stavo lanciando a me stessa al di fuori della mia sfera di comfort.

La mia fortuna è che tutte le persone coinvolte nel progetto, dagli attori ai tecnici, sono state in grado di dare vita alla mia visione continuando, allo stesso tempo, ad incoraggiarmi sulle potenzialità del progetto.

Effettivamente non deve essere stato facile decidere di portare uno spettacolo sperimentale in un momento di difficoltà per il teatro come quello che stiamo vivendo.

Assolutamente no, non solo per i motivi che ho già detto ma anche perché, nella preparazione iniziale, abbiamo anche dovuto considerare le tempistiche di ogni singolo monologo per evitare che le persone potessero arrivare ad annoiarsi nel guardare una registrazione troppo lunga. Non che sia stato impossibile regolare ogni monologo in modo che duri solo 7 minuti ma è solo un altro elemento che si aggiunge alle varie problematiche nel realizzare uno spettacolo di questo tipo. Eppure, la bellezza dell’opera e la modernità del messaggio al suo interno mi ha spinta ad andare avanti pur di far conoscere a più persone possibile questo autore magnifico.

E ci sono state altre particolari difficoltà durante il percorso di preparazione?

Ovviamente e purtroppo, sì. Stranamente però, trovare altre copie del testo da inviare alle attrici non è stata una di queste. Come ho detto, l’autore è relativamente poco conosciuto e temevo che individuare i testi da mandare alle protagoniste sarebbe stato quasi impossibile. Invece, grazie alla disponibilità e gentilezza dell’assessore alla cultura di Catania e alla biblioteca comunale, siamo riusciti a raccogliere ben 17 copie da poter spedire.

La parte più difficile, ma anche quella che ha regalato i momenti più divertenti, è stato preparare la “scenografia” di ogni singolo monologo. Trovandosi ognuna dentro la propria casa, ovviamente non ci si poteva aspettare che le attrici avessero luci professionali o elementi che normalmente si avrebbero in scena quindi, per ognuna di loro, ci siamo attrezzati al meglio possibile con quello che avevano. Il problema però è che molto spesso quelli che usavano erano spazi comuni quindi non è stato raro che tutta l’organizzazione fatta il giorno prima per sistemare luci, inquadratura e simili, spesso veniva “distrutta” dai possibili conviventi delle protagoniste. Nonostante questo, e grazie soprattutto all’entusiasmo di ogni singola attrice, siamo però riusciti nell’impresa e a creare qualcosa che ritengo veramente unico.

Quindi possiamo aspettarci ogni monologo in ambienti familiare differenti?

Si e no. Sì perché ogni attrice reciterà con uno sfondo differente per trasmettere al meglio la personalità di ogni capitolo dell’opera. No perché, per la scenografia, useremo dei fondali creati da me. Il mio è uno stile estremamente concettuale con cui punto non tanto a mandare un messaggio diretto, chiunque abbia mai guardato i miei disegni ne è testimone dato che si rischia di passare ore a cercare di capire cosa mi passa per la mente, ma a provocare una determinata emozione. Obiettivo che mi pongo anche con questo spettacolo.

Inoltre, l’effetto che si è venuto creare mentre facevamo le prove mi ha provocato un certo fascino dato che, su Zoom, le movenze delle attrici sembravano avvenire all’interno di un acquario. Visto il titolo dell’opera La mia esistenza d’acquario, l’ho trovato più che appropriato.

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