Inizia con la gioia di incontrare parte dei suoi lettori italiani l’incontro con Laini Taylor, autrice della trilogia legata a La Chimera di Praga e de Il Sognatore, organizzato dalla casa editrice Fazi Editore in occasione della fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi, che ha avuto luogo all’interno della Nuvola di Fuksas, nel quartiere Eur di Roma.

Il sognatore è la storia di Laszlo, un ragazzo assetato di conoscenza che vede la sua vita cambiare quando viene scelto per prendere parte ad una spedizione che lo condurrà fino alla misteriosa quanto leggendaria Città di Pianto, terra che fu devastata dalla presenza di essere divini con la pelle dello stesso colore degli zaffiri.

Ma Il Sognatore è anche la storia di Sarai, una discendente di tutti gli dei che vennero trucidati dal Massacratore degli Dei e che ha il potere, grazie a centinaia di falene, di entrare nei sogni

Durante una mini press conference in compagnia di giornalisti e blogger, Laini Taylor ha risposto ad alcune domande. Ecco quello che ci ha raccontato.

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In quale personaggio ti sei identificata di più durante la scrittura?

Forse non c’è nessun personaggio in particolare con il quale mi posso identificare totalmente. Anzi, forse uno c’è, ma si trova all’interno di un libro che non è stato mai pubblicato in Italia, nel quale io trovo molto del mio sé emozionale adolescente.

Tuttavia ci sono delle parti di me che sono disseminate all’interno di tutti i miei personaggi.

La cosa interessante de “Il Sognatore” è il fatto che i cattivi sono già stati sconfitti, fuori dalla storia. Quando la storia comincia i villain sono già stati sconfitti.

E quindi nella storia si confrontano due tipi di superstiti e anche di vittime. Quindi volevo sapere qual era stata la sfida nel raccontare una storia così, dove il villain era già stato sconfitto.

Quando ho cominciato a scrivere Il Sognatore avevo già letto due o tre libri in cui c’erano dei cattivi davvero cattivi. E leggendoli mi ero sentita male, quasi sporca a leggere determinate cose e mi sembrava che le cose stessero andando sempre peggio.

Quindi ho deciso che era qualcosa che non volevo fare, anche perché sono convinta che, nei conflitti umani, ognuno ha sempre le proprie ragioni per prendere determinate decisioni.

E queste ragioni si confrontano e non c’è mai un cattivo che è completamente cattivo. Perciò mio scopo era creare degli antagonisti che non fossero necessariamente e solo cattivi, creando un conflitto magari più piccolo ma emotivamente più forte.

Il Sognatore parla più di sopravvivenza e di trovare un modo per stare meglio, rispetto magari all’azione pura.

Mi ero prefissata di scrivere un fantasy dove non ci fosse un vero cattivo, dove il protagonista non sa combattere e non ci sono grandi battaglie e la mia domanda era: ma qualcuno lo leggerà?

E in The Muse of Nightmare ho cercato di scrivere una situazione in cui uccidere il nemico non funziona e non è la vera soluzione.

Quanto influiscono i tuoi viaggi nella costruzione dei tuoi mondi magici?

Prima di scrivere La Chimera di Praga ero molto affascinata e interessata al Marocco, anche se non ci ero mai stata.

Poi ci sono stata e questo ha avuto un effetto per la costruzione della Città di Sabbia, assolutamente. A volte i collegamenti coi miei viaggi non è così diretto. Ovviamente sono stata a Praga e chiaramente questo mio viaggio è stato fondamentale per i miei scritti.

Ma anche se non c’è collegamento diretto penso che il viaggio in sé sia un’esperienza fonte di ispirazione perché ti permette di conoscere altre culture e di avere altre prospettive e questo è davvero importante quando sei una scrittrice.

Quanto c’è di te nei personaggi de Il Sognatore? Tipo Laszlo…

Penso che il lavoro dello scrittore sia quello di riuscire ad entrare nella testa di tutti i personaggi. Devo necessariamente comprendere tutti i miei personaggi, naturalmente per alcuni è molto più facile rispetto ad altri, come ad esempio con Laszlo.

Ci sono stati dei momenti in cui hai avuto difficoltà a proseguire la storia?

Sempre, costantemente. Sì. Io non riesco mai a vedere interamente cosa succede nei miei libri. Sì, insomma, lo so a grandi linee, ma mai precisamente. E magari devo scoprire come arrivare a un determinato punto.

E il mio metodo di scrittura è fatto di riscrittura, andare avanti e indietro. Quando so che devo arrivare a un determinato punto è come nuotare di boa in boa, come se fossi in mezzo all’oceano.

E a volte quando non ho proprio idea di come andare avanti sfido me stessa a inventarmi, non so, venti idee e possibilità. In questo modo magari hai anche delle idee che sono assurde, ma puoi arrivare a delle cose a cui altrimenti non saresti mai arrivato.

Quali sono i tuoi modelli letterari?

Oddio, sono davvero pessima in questo genere di domande. Ci sono sicuramente dei libri importanti della mia vita, e posso dire che il fantasy è il genere che mi ha fatto diventare una lettrice.

Quando poi ho iniziato l’università ho smesso di leggerlo il fantasy. Poi qualche anno dopo mi ricordo che mi trovavo nell’autobus e lessi la recensione di un libro appena uscito, un libro che ancora non era diventato un fenomeno mondiale e che mi aveva interessato moltissimo.

Era il 1998, se non sbaglio, e quel libro era Harry Potter. E Harry Potter è stato il libro che mi ha fatto riavvicinare alla lettura del fantasy, anche per giovani lettori. Un mondo che, nel frattempo, era già cambiato molto.

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