Le serve di Jean Genet, mille risvolti psicologici in scena al Piccolo di Milano

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Fece molto scalpore, negli anni ’30 in Francia, l’omicidio violentissimo di madre e figlia operato da due giovani sorelle che lavoravano al loro servizio. Lacan lo usò per completare i suoi studi sulla paranoia.

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E Genet, nel 1946, lo prese a modello della sua farsa tragica “Le serve”. In cui due sorelle a servizio presso una ricca signora, che ogni giorno inscenano una pantomima in cui a turno si scambiano i ruoli di serva/padrona, indossando gli abiti di “Madame” quando lei non c’è e inscenando un finto omicidio della signora, tirano talmente la corda che sono costrette a provare a uccidere sul serio la loro padrona e, non riuscendovi, decidono di autoannientarsi.

Il classico del teatro moderno

Il testo è diventato in poco tempo un classico del teatro moderno. Sia per i mille risvolti psicologici, in cui attrici e registi possono sguazzare tirando fuori ognuno le proprie doti immaginifiche migliori; sia per la satira di una civiltà borghese che Genet vedeva già in disfacimento, e per la metafora di un’impossibile redenzione dei reietti, presi tra l’amore e l’odio, il desiderio di emulazione e di scalata sociale da un lato e la volontà di annientare i privilegi immeritati dall’altro, e quindi destinati fatalmente a soccombere.

Mettere in scena un simile coacervo di intrighi socio-patologici è complicato. Anche perché, oggigiorno, la vicenda ci appare distante, antica, afferente tempi che paiono non riguardarci.

Non guardiamo più le due serve con empatico riconoscimento, quanto piuttosto con compassione verso chi stupidamente si annulla.

Genet stesso, tutto sommato, era cosciente di questa possibilità, e con una notevole lungimiranza ammoniva i registi, in una prefazione al testo, a usare un registro il più possibile antinaturalistico, sia per le attrici sia per la messa in scena.

Il catanese Giovanni Anfuso sceglie una letterarietà scenografica (un sontuoso letto in primo piano, un armadio stracolmo di vestiti, luci d’ambiente che seguono gli spostamenti dei personaggi) e vorrebbe sottolineare la malattia degli atteggiamenti spingendo sul pedale del “teatro nel teatro”, che a volte strappa più di una risata beffarda al pubblico.

E dico “vorrebbe” perché a volte il tentativo riesce, a volte il testo prende il sopravvento e rende il tutto fortemente didascalico, e quindi disturbante al contrario.

Le tre attrici Manuela Mandracchia (soprattutto, esagerata o misurata quando serve), Anna Bonaiuto (stranamente un po’ in ombra) e Vanessa Gravina (irresistibile nel ruolo di Madame, una sorta di diva d’altri tempi costantemente sopra le righe) fanno il possibile per superare gli scogli dell’interpretazione registica, ma anch’esse sembrano talora fermarsi in mezzo al guado, incerte sul da farsi.

Lo spettacolo si cristallizza quindi in un passato lontano, e al pubblico sembra di essere un indelicato voyeur di vicende che non inducono a una riflessione.

Le serve
di Jean Genet – Regia di Giovanni Anfuso – Con Anna Bonaiuto, Vanessa Gravina, Manuela Mandracchia scene Alessandro Chiti – costumi Lucia Mariani – musiche Paolo Daniele
produzione Teatro e Società
in coproduzione con Teatro Biondo di Palermo-
Piccolo Teatro Grassi – Milano – dal 3 al 15 ottobre
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