Leni R. Un ottimo spunto per comprendere le vicende umane

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Ricordi, presentazioni di film e serate eleganti. Ritorni, lettere e dittature. Mescolanze di volontà e di un credere in Dio il quale aiuta tutti. Dialoghi fini e poetici si intrecciano dentro una crudeltà di regime e di una volontà che non vuole cedere al cambiamento del mondo.

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Questo intenso anno teatrale è stato dedicato a spettacoli particolari vedendo protagonisti personalità artistiche, versatili e di spessore, le quali hanno lasciato tracce inconfondibili e ancora attuali.

Quest’ultima, Leni Riefenstahl, rappresentata al Teatro dell’Orologio di Roma dal 10 al 15 giugno, è stato ottimo spunto per comprendere interessanti dinamiche storiche e vicende umane.

Leni R. – La mansarda di Monaco è a dir poco un testo costruito in modo oculato grazie ad Alessandro Staderini Busà. Diretta da Chiara Ventura, la performance ha coinvolto 5 attori, Priscilla Giugliacci, Leni R., Daniele Ferrari, Peter, il marito di Leni R., Antonietta Elia, Hanni, la segretaria, Vittorio Ciardo, primo Ufficiale alleato ed Alessandro Orlando Graziano, secondo Ufficiale alleato.

Uniti dal difficile contesto storico, quello del regime di Hitler, raccontato e sviscerato con toni mesti, adatti a quel periodo, difetta di un ritmo che di sicuro avrebbe giovato alla recitazione all’interno di una scenografia che identifica una stanza, un ambiente piccolo. Tutto concentrato. Libri per terra, scatole ancora imballate, un séparé, un tavolo e due sedie, vestiti, macchina fotografica e lettere.

Le ambientazioni ed i movimenti sono suddivisi in flash. Una luce bianca si accende e si spegne suggerendo stacchi di scena in cui si dissolvono spazi temporali.

Si inizia al buio, passi.

L’insieme sembra leggero. Frasi poetiche divengono paragoni e assonanze plasmandosi in un contesto nazista, duro, dove viene sottaciuta la voce femminile, urlo non ascoltato dalla massa che diviene lotta, volontà, recondito significato del non demordere, perché il talento è il suddito alleato di sua maestà la volontà, utilizzando tutti i propri mezzi per resistere.

La rassegnazione non viene contemplata dall’artista poliedrica, ferma e sicura, sa ciò che dice e, sapiente, incoraggia anche le insicurezze della sua segretaria, è il volto di Hanni quello che stiamo guardando, non di una qualsiasi…mettendola davanti uno specchio, di quelli antichi, che si tiene in una mano.

Leni R. venne introdotta al mondo della danza dalla mamma, la quale, per prima, si accorse delle sue velleità. Per un incidente non può proseguire la carriera, re-inventandosi, così, come regista dei tempi, fotografa della realtà, mai aderendo alle idee politiche del nazismo.

Accusata dagli ufficiali e smentita dal processo, Leni R. è attratta da ciò che è bello grazie alla sensibilità e capacità creative dove la composizione delle immagini può essere paragonabile alla musica.

L’ironia è intesa e velata, si intrufola nei colloqui senza pesantezza alcuna. Si intuisce, però, un certo dispiacere di come il mondo sia cambiato, rispetto a quei desideri voluti  con forza, ma disattesi dagli avvenimenti della vita di quel momento.

In costante trepidazione per contratti nuovi, nuove idee per nuove immagini da filmare, ma senza opportunità, Leni R. non si arrese mai. Ottenne riconoscimenti sia alla Biennale di Venezia, nel ’38, sia al Gran Prix, conobbe Rossellini, Vittorio Gasmann e Anna Magnani, contatti del cinema italiano, fervore degli anni ’50, filmò i primi giochi olimpici e come regista lascia film inediti.

Sul palco si è riusciti a creare momenti peculiari, come per esempio le tre voci sincronizzate, quelle dei tre soldati, che dopo aver rovistato la casa di Leni R. si allineano, ognuno con il suo tono, intonando assassina di ebrei, puttana nazista, maledetta. La canzone cantata da Alessandro Orlando Graziano, Chi siete, conduce al finale con candore, come anche quando con tono dolce, nell’aria, ha fatto volare i versi di Marlene Dietrich, Lili Marleen.

Dentro costumi contestuali all’epoca, a cura di Anna e Lucia Collalire, scelti con cura ed attenzione, gli attori si sono mossi e dimenati con linearità.

Una pièce, forse difficile da recitare e decontestualizzare, ma che ha donato, senza dubbio, informazioni riguardo un’artista che ha voluto dare voce e lasciare evidente traccia dell’insegnamento del ricominciare sempre, anche dopo le difficoltà. Una lotta costante nell’ottenere ciò che si vuole, nel considerare il messaggio artistico, di qualsiasi genere esso sia,  valorizzato al massimo, portato in auge, perché può sempre essere un’opera d’arte.

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