Il movimento è l’unico discorso su cui non mentire, in esso tutto ciò che è falso o appreso in modo troppo meccanico, diviene chiaramente visibile”.

Nell’interessante ed agile libro di Arianna Galassi, pubblicato da Viola Editrice con prefazione a cura di Giacomo Molinari, si pone in luce una nuova visione sulla coreografa Martha Graham, considerata la fondatrice della danza moderna americana, in particolar modo per lo sviluppo di una propria e ben identificativa tecnica coreutica basata sull’alternarsi di “contraction” e “release” con l’aggiunta di significative forme angolari, di un approfondito studio sulla respirazione e sul contatto con il terreno senza tralasciare l’istintività di ogni singolo esecutore.

Pagina dopo pagina si scorge e si ritrova la sua anima, la sostanza da cui attingeva nel percepire un inedito dizionario del corpo e di conseguenza del movimento, del gesto, dell’intenzione e della comunicazione in un processo da individuo ad individuo.

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Tra i tanti danzatori che hanno lavorato nella sua compagnia, che si sono ispirati o che si sono formati ci basti ricordare Anna Sokolow, Nelle Fisher, Ethel Butler, Merce Cunningham, Eric Hawkins, John Butler, Glen Tetley, Paul Taylor. Da ricordare tra le tante coreografie “Lucifer” e “The Scarlet Letter” creati per Rudolf Nureyev e Margot Fonteyn.

Nel 1984 fu invitata dallo stesso Nureyev all’Opéra di Parigi e, il governo francese le conferì la Legion d’Onore. Martha Graham morì il 1° aprile del 1991, mentre stava lavorando ad un nuovo balletto dal titolo “The Eye of Goddess”.

Pioniera del suo tempo, fu una donna carismatica con un vissuto straordinario, l’eroina del suo mito personale.

È attraverso le cinque lettere che scrisse alla sua psicoanalista, il dottor Frances Wickes, tra il 1951 e il 1954 e che sono contenute nella sua autobiografia “Blood Memory”, che possiamo cogliere nel libro di Arianna Galassi il suo lato più intimista e riflessivo, utile ad una maggiore comprensione della sua opera.

Mediante la scrittura, che fu un altro strumento con il quale amò comunicare, possiamo conoscere alcuni aspetti del suo vissuto, come gli amori, la famiglia e l’incontro con la psicoanalisi, che influiranno significativamente sulle sue coreografie; in scena portò i suoi conflitti, il suo vissuto, se stessa.

Quando smise di danzare, ciò le procurò una profonda crisi depressiva, impedendole di creare per alcuni anni: “Un danzatore, più di ogni altro essere umano, muore due volte: la prima, quella fisica, quando si accorge che il suo corpo allenatissimo non risponde più ai propri desideri. Inoltre, io coreografo per me stessa. Non ho mai coreografato quello che non potevo fare. Ma lo sapevo. E perciò mi odiavo. Volevo solo danzare. Senza la danza, desideravo morire. L’ultima volta che danzai fu in “Cortege of Eagles”. Avevo 76 anni. Non avevo programmato di smettere quella notte. Fu una decisione penosa quella che sapevo di dover prendere”.

L’autrice

L’autrice del libro, Arianna Galassi, nasce e cresce a Roma, sin da piccolissima intraprende lo studio della danza e coltiva un interesse per l’arte a 360°, che caratterizzerà per sempre la sua vita. È cofondatrice e solista della “New Dance Company”.

Coreografa di spettacoli ed eventi, da circa vent’anni si dedica con dedizione e passione all’insegnamento della danza e del metodo Pilates, presso numerosi centri della Capitale, tra cui il rinomato Molinari Art Center. Si laurea in Lettere, con indirizzo Storia dell’Arte Contemporanea, presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”.

Creativa, raffinata e sognatrice, crede fortemente nel potere illuminante dell’arte ed è convinta sostenitrice e fautrice della sua divulgazione.

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