“Lucifer”, l’angelo caduto di Van Den Barghe conquista il pubblico di Roma

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Grazie all’olandese Gust Van Den Barghe e al suo film “Lucifer”, nella quarta giornata del Festival Internazionale del Film di Roma ci spostiamo in Messico dove, in un tranquillo paesino sorto ai piedi di un vulcano, sembrerebbe essere arrivato un ospite più che speciale.

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Caduto sulla Terra durante il passaggio tra l’Inferno e il Paradiso, Lucifero si ritrova a vagabondare nell’affascinante campagna messicana. Abbandonato sul nostro mondo e apparentemente incapace di tornare indietro, ha oramai raggiunto un grado di consapevolezza senza eguali. Essendo lui una via di mezzo tra angeli e demoni è in grado di vedere chiaramente il confine tra bene e male ed ha intenzione di agire affinché anche l’umanità possa raggiungere questo stato.

Giunto a Parìcutin, piccolo paesino sperduto, incontra Lupita e sua nipote Maria, due contadine costrette ad una vita sulla soglia di massima povertà. A complicare ulteriormente la loro situazione è Emanuel, fratello di Lupita, che pur di non aiutare la propria famiglia si finge malato e non più in grado di camminare.
L’angelo, per poter illuminare i tre ed il resto del paese, avvierà delle macchinazioni che cambieranno le vite di tutti.

Particolare ed in grado di risvegliare l’interesse del pubblico, “Lucifer” potrebbe rimanere scolpito nei ricordi già solo per la particolare regia. Usando per la maggior parte del film un’inquadratura “tonda”, Van Den Barghe limita il campo visivo dello spettatore e questo perché, a parere del regista, in questo modo lo spazio ultramondano è circoscritto e vede il Paradiso al suo centro.
Grazie a queste limitazioni si è in grado di ammirare e di godere appieno dei paesaggi che circondando Parìcutin avendo come la sensazione di stare osservando non un film ma un quadro in movimento.

Purtroppo le stesse scelte che avvalorano l’opera sono anche il suo punto debole. 110 minuti di inquadratura tonda, per quanto il pubblico possa essere ben disposto, risultano comunque eccessivi ed il ritmo lento e profondo del film alla lunga rendono stancante la visione di “Lucifer”.
Ciò non toglie il valore della pellicola che, grazie al coraggio mostrato nelle scelte di regia, non può fare altro che assicurare al regista una radiosa carriera.

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