Abbiamo incontrato il giovane attore Marco Capogna per conoscerlo più da vicino.

Attualmente egli si sente felice, proprio perché quando lavora ha la possibilità di essere creativo ed entrare così in contatto con il personaggio che deve interpretare. E’ convinto che apprendere dagli errori sia essenziale, che essere se stessi sia altresì importante, per non fingere mai nella vita reale; inoltre, quando si prefigge un obiettivo fa di tutto per raggiungerlo.

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Da ostinato come è non si lascia sfuggire alcuna possibilità. Ha infatti preso parte a cortometraggi con ruoli da antagonista, a medio-metraggi con ruoli secondari ma lo troveremo anche come figurazione speciale nel film “Sotto il segno della vittoria” che sarà nelle sale il prossimo 22 marzo, per la regia di Modestino Di Nenna.

Inoltre Marco Capogna sarà in scena con il primo adattamento teatrale “L’Apocalisse del Potere – Primo Atto” il prossimo fine settimana, ispirato ad “Ariel Saga Movie – L’Angelo delle stagioni dell’amore”, una saga cinematografica a tema e sempre in evoluzione, scritto e diretto da Francesco Olivieri.

Marco Capogna si è dunque affidato al regista, cimentandosi con la sua recitazione e affinandola sempre più grazie ad una scrittura complessa che, a suo parere, fa la differenza e si accosta allo stile filmico americano.

E’ dell’opinione che

Chi veramente capirà lo spettacolo sarà divorato dalle emozioni

e ce lo auguriamo.

Raccontaci un po’ di te
Marco Capogna
Marco Capogna

Amo la semplicità e appunto sono un ragazzo semplice e determinato. Ho molta pazienza, reputo di essere abbastanza fiducioso, soprattutto per quanto riguarda il lavoro ma al contempo sono anche testardo e un po’ lunatico.

Se ho passione la rivolgo verso un obiettivo da raggiungere, svolgendo di conseguenza tutte le azioni insite al fine con costanza e nel migliore dei modi come quanto prendere una decisione. Essa infatti la perseguo con forza e determinazione. A volte però sento che quel qualcosa che mi piace, da passione diventa ossessione quindi cerco di non sconfortarmi di fronte le delusioni.

Sono del parere, inoltre, che se si inizia a fare una cosa o la si fa bene o ci si rinuncia. Infine penso che non si finisce mai di imparare, infatti nel mio lavoro cerco sempre di migliorare non accontentandomi. Desidero sempre il meglio.

Cosa ti ha incuriosito di più del copione “L’Apocalisse del Potere” tanto da spingerti a dire “si”, accetto il ruolo scritto per me?

Innanzitutto, per quanto mi riguarda il regista Francesco Olivieri ha lavorato molto sia sulla sceneggiatura, sia sui personaggi, dando loro un “motore emotivo di emozioni”, ricco di azioni e di colpi di scena. Quello che mi ha incuriosito di più infatti è stata la sua creatività rispetto ai protagonisti della storia rendendoli forti a livello emozionale e contestualizzandoli in un’epoca futuristica.

Per esempio, il personaggio che interpreto, Matteo Ragno, quando mi venne assegnato (a settembre scorso) mi sentii indeciso nell’affrontarlo e nel viverlo. Mi sono chiesto, infatti, quanto potessi dare al personaggio stesso. Durante lo studio del copione mi sono reso conto che Ragno era una figura perfida e ribelle, dunque lontano dal mio carattere. Insomma, sono stato in grado di superare una serie di insicurezze e dunque trovare la chiave giusta affinché dare al protagonista il giusto tratto distintivo.

Tutto questo lo devo al regista, poiché mi ha rassicurato trasmettendomi positività, credendo in me e incitandomi durante le prove. Ammiro infatti il suo metodo di lavoro, di quello che trasmette ad ogni attore e non ho potuto fare a meno quindi di prende parte all’intero progetto.

Come ti sei avvicinato al tuo personaggio, quale l’approccio e il rapporto che hai instaurato con lui

Devo dire che all’inizio, quando mi venne assegnato questo ruolo, come dicevo prima, ero incerto se accettare o meno. Vedevo Matteo Ragno completamente diverso da me e non riuscivo a prendere contatto con lui, non lo sentivo affatto dentro di me. Penso inoltre che ogni essere umano è come se avesse un altro corpo al suo interno e un attore deve appunto sentire dentro il suo personaggio, altrimenti non ha il potere di gestire le emozioni e ad un pubblico attento risulta poco credibile.

Con il passare dei giorni però questa sintonia e questo feeling con Matteo Ragno sono arrivati: un attore infatti fa si che il personaggio gli assomigli il più possibile. Ho conosciuto lui, i suoi pregi e difetti, il suo modo di fare. Penso che qualcosa in comune lo abbiamo: ad esempio siamo entrambi ostinati, come anche molto risoluti, non ci arrendiamo mai e ci piace rischiare.

Mentre quello che non ho, lui lo possiede: il potere su tutto. Anche se la sua convinzione di essere Dio  e il più forte, lo porta a cadere, in quanto si tratta solo di una sfida, una lotta all’autorità tra il tenente Bellinger e appunto il detective Matteo Ragno, il quale è altresì malvagio e astioso; gioca molto con l’ironia e i suoi sguardi provocatori.

Questo è per me il suo carattere. Durante lo studio del copione mi sono reso conto di quanto e come potevo applicare su di me i suoi comportamenti, facendone quindi tesoro e affezionandomi mano a mano al mio personaggio. Infine, ho imparato da lui cose che non conoscevo, mi ha fatto crescere ancora di più, ed è nata un’intesa immensa e andiamo molto d’accordo.

Una tua opinione sul teatro attuale

Ho iniziato ad intraprendere il mio percorso artistico quattro anni fa e il teatro non stava attraversando un buon periodo, e tuttora le cose non sono migliorate granché.

All’epoca la gente frequentava di più il teatro, era infatti maggiore il numero di attori che recitavano all’interno di tale ambiente. Oggi come oggi, secondo me, si è perso il senso come il significato di andare a teatro, forse perché non è per tutti.

Considero il teatro un’arte compiuta. Penso di conseguenza che un attore completo è colui che recita su un palcoscenico, dunque che crea una fantastica connessione tra se e il pubblico, nella totalità della propria interpretazione.

Secondo te quanta valenza ha essere sempre se stessi oggi?

E’ fondamentale essere se stessi nella vita: se non ci si conosce bene vuol dire che si è deboli e quindi si cerca di indossare una maschera prima di uscire di casa, e la si toglie appena si rientra.

L’attore per me deve essere sempre se stesso, anche quando va ai provini e non deve mai confondere la realtà con la finzione. Purtroppo la maggior parte di noi non si conosce a fondo, affinché affrontare la vita con entusiasmo. Nel mondo di oggi recitano tutti.

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