La follia di una madre in Niente più niente al mondo

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In scena al Parenti, ancora fino al 29 gennaio, il delirante racconto in prima persona di una “comune” madre omicida.

In Niente più niente al mondo di Massimo Carlotto gli estremi a cui può arrivare la miseria interiore ed esteriore

Non sono stata io una cattiva madre, è lei che è stata una cattiva figlia

afferma all’apice del suo semi-lucido racconto post omicida la madre 50 enne protagonista di Niente più niente al mondo,  testo di Massimo Carlotto interpretato da Annina Pedrini per la regia di Fabio Cherstich.

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Perché cattiva? Per non averla ascoltata e provato a seguire i suoi consigli, volti a non farle fare la sua stessa fine, ad interrompere il circolo vizioso e ad uscire dalla squallida gabbia della vita comune di una certa classe operaia, condizione drammatica che fa da costante in tutta la ricostruzione.

Da bella ragazza quale era, la giovane Sara avrebbe potuto provare a farsi notare, partecipare a casting per il mondo dello spettacolo, anche solo per delle televendite, o almeno sposarsi un giovane benestante, invece che sprecare tempo in motorino a consegnare la posta per 500 euro al mese e buttarne la metà in edicola, per collane di oggetti da quattro soldi, senza contribuire con “un euro che sia uno” al già difficile menage economico familiare.

Nello spettacolo-soliloquio al teatro Franco Parenti ancora fino al 29 gennaio (riproposto dopo il successo di 3 anni fa) va in scena il drammatico sfogo delirio – che sembra già avere racchiusa in sé la confessione – di una comunissima donna di mezza età, che ha ben chiaro che ora, dopo quello che è successo

niente più niente al mondo servirà a rimettere a posto le cose.

Sposata a un operaio disoccupato e poi rioccupato come magazziniere, la sua vita la vede per mezza giornata spaccarsi la schiena come donna delle pulizie part time presso invidiate signore delle medio-alta borghesia, darsi da fare per reggere la concorrenza con le colf più giovani e non perdere il posto.

Dopo le quattro ore di lavoro si immerge in un tran tran quotidiano che non va oltre la miseria dei pettegolezzi di quartiere, delle offerte al super discount di cui sembra essere orgogliosamente la migliore conoscitrice e promotrice, delle storie strappalacrime della TV della De Filippi, del gossip di Novella 2000 o delle news sportive commentate da un marito che non sembra neanche più avere alcun istinto sessuale.

Lo sfogo di lei di fronte a cotanta frustrazione restano le tre bottiglie di Vermouth fisse a settimana, finché tutto il malessere e l’impotenza che cova dentro da chissà quanto non esplodono nell’atto violento contro la figlia, scatenato dall’ennesimo inutile oggetto da collezionismo acquistato.

E nel delirio, la lucidità traspare:

Tra poco arriveranno, devo cambiarmi. Forse andrà lei (Sara, sua figlia stessa) ad aprire la porta alla polizia, dovrebbe, se non è morta.

Poco meno di un’ora di un monologo intensissimo, senza scampo, che ben trasmettere il senso di ineluttabilità e tutto il peso della frustrazione di una vita senza speranza e risorse culturali che possano elevarla.

Sapientemente ricca di sfumature e delirante – con sguardi che letteralmente inchiodano – l’interpretazione dell’attrice e formatrice teatrale Annina Pedrini, interrotta solo dalla voce della sua coscienza e dalla presenza muta, disturbante e silenziosamente accusatoria della figlia vittima.

I toni noir della pièce – in pieno stile dell’autore Massimo Carlotto – trovano un armonico riflesso nella spoglia scenografia su fondo nero (un tavolo sulla cui estremità anteriore è piantato un grosso coltello, oggetto che il pubblico scoprirà essere centrale nello scoppio del raptus di lei, ma non solo come arma).

Il tutto a tratti solo illuminato dalle luci psichedeliche che riecheggiano quelle della discoteca – uno dei pochi svaghi fissi di Sara – e la follia delirante di sua madre.

Sicuramente da vedere, con la consapevolezza di voler/poter accogliere dentro di sé shock e angoscia.

Niente più niente al mondo di Massimo Carlotto, con Annina Pedrini e Annalisa Urti, regia e spazio scenico di Fabio Cherstich, durata 55 minuti.

Biglietto intero 25 euro, ridotto per over 65/under 26 a 15 euro, convenzioni 18 euro.

In scena ancora fino a domenica 29 gennaio (gli orari variano, a seconda del giorno, dalle 16.30 alle 21.00).

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