Si è conclusa ieri sera la terza edizione de La Notte Blu. Una maratona teatrale iniziata al Teatro Verdi, proseguita poi al Bobbio, passando per lo Stabile Sloveno, giungendo al Rossetti per concludersi al Miela. Seguita da un nutrito pubblico, anche quest’anno, la notte s’è dipinta di blu.

Il meccanismo, in queste tre edizioni, si è oleato bene come  le navette gratuite per gli spettatori, messe a disposizione dalla Trieste Trasporti, per facilitare gli spostamenti e le tempistiche meno stringenti, per permettere di godere degli spettacoli con maggiore calma.

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La Notte Blu  diventa sempre più un fondamentale appuntamento fisso con cui la città di Trieste celebra il suo legame  con il mare a pochi giorni dalla Barcolana; che quest’anno giunge all’ edizione quarantanove.

Teatro Verdi

Ad aprire la serata il concerto del Teatro Verdi, dove l’orchestra, diretta dal M° Stefano Furini, ha eseguito delle musiche tratte dal film Master and Commander  (film del 2003 diretto da Peter Weir con Russell Crowe nei panni del capitano Aubrey; Oscar dell’Accademy per il Miglior montaggio sonoro a Richard King).

Teatro Orazio Bobbio (La Contrada)

Dopo il concerto al Verdi ecco la serata entrare nel vivo al Bobbio. È ufficiale: la Contrada, quest’anno, ha “calato l’asso” mettendo in scena un formidabile Antonello Avallone con il suo Novecento. La leggenda del pianista sull’oceano. Il testo di Baricco è già da solo un capolavoro di scrittura e immagini; Avallone fa una cosa in più. Una cosa a cui sempre meno spesso siamo abituati: ci mette la naturalezza.

Antonello Avallone, per un’ora e un quarto circa, parla fuori da quelle gabbie che vogliono l’attore impostato, diaframmatico e lo sguardo pieno di una contrizione spesso non necessaria. Usa il testo come se lo avesse scritto lui; come se lo avesse vissuto lui; come se Novecento, lo avesse conosciuto davvero.

È straordinario. Com’è straordinario il silenzio della sala, sembra di assistere a qualcosa di sacro e si ha come la sensazione che sia irripetibile. E poi un grande e lunghissimo applauso. Tra il pubblico il commento più sussurrato è qualcosa come “wow!”.

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Teatro Stabile Sloveno

Dopo questo pieno di bellezza, si corre al vicino Stabile Sloveno; qui sappiamo che ci si diverte. Abbiamo imparato a conoscere il Teatro Sloveno e in più occasioni hanno dimostrato di avere sempre uno sguardo proiettato in avanti. E quale migliore occasione della Notte Blu per mostrare, a chi non lo conosce,  il proprio teatro…letteralmente

La notte dello Sloveno si chiama H2Ops e porta la firma di Igor Pison. Una sorta di teatro sensoriale dove siamo un po’ pubblico e un po’ attori. Sospesi. È come fare un viaggio tra varie dimensioni. È un blob, appunto!

 

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Teatro Rossetti

Finito lo Sloveno, siamo a metà. Ci si dirige al Rossetti, che anche quest’anno propone un poco entusiasmante reading.

Seguiamo attori dello Stabile del Rossetti, leggere per un’ora e un quarto Il Corsaro del vento. Tino Straulino. Tratto da Straulino, il signore del mare di  Tiziana Oselladore. Affascinante la vicenda di quest’uomo che è una leggenda della vela. Oro a Helsinki nel 52 in classe star e una serie di altre medaglie tra campionati mondiali, europei, italiani e regate internazionali. Un po’ meno fascinosa la performance.

 

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Teatro Miela

Ci avviciniamo alla conclusione di questa maratona. Eravamo partiti dal mare, partendo dal Verdi; la conclusione non poteva non riportarci verso il mare, ed eccoci al Miela. Qui un altro reading, ma di tutt’altro tenore. Qui siamo naufraghi con 74 giorni sospesi. Il naufragio di Ambrogio Fogar e Mauro Mancini.

Un racconto che oscilla tra momenti di grande speranza, forza di volontà e attaccamento alla vita, ma anche un grande senso di angoscia e morte.

L’interpretazione è sporca, a tratti impastata, anche urlata. Tutte caratteristiche che diventano un tratto di necessità, vista la vicenda raccontata. Anche se sotto forma di lettura, i personaggi prendono vita. Zerbinati è un Fogar forte ed intraprendente (ha già circumnavigato il mondo contro corrente) è fiero; Mizzi è l’amico Mancini, curioso ma più gracile (del resto è un giornalista!), una fragilità resa bene dal graduale accartocciarsi su se stesso da parte dell’attore.  Due però: forse andrebbe poco poco asciugato; forse sarebbe interessante vederlo sotto forma di allestimento, anziché reading.

 

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