Oreste da Euripide

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Oreste

da Euripide

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di MARCO BELLOCCHIO

 

 Al Teatro Vascello, nello spettacolo Oreste da Euripide, Marco Bellocchio si confronta con il mito antico raccontato nella tragedia di Euripide e ne ripropone una versione del tutto nuova. Lo stretto rapporto che lega la vicenda di Oreste con quella di Ale, protagonista del film I pugni in tasca, hanno reso possibile quest’intreccio di idee, personaggi e situazioni e, quindi, l’incontro tra le due storie. Proprio I pugni in tasca, del 1965, film manifesto che tanto fece discutere gli intellettuali del tempo tra cui Moravia e Soldati,  viene rivisitato in questa pièce che vede come nucleo centrale  la tragedia di Euripide.

Da un’idea di Marco Bellocchio, con la regia di Filippo GiliPier Giorgio Bellocchio si cimenta in questo esperimento teatrale già presentato la scorsa estate al Festival del Teatro Antico di Veleia.

La scena si apre ad Argo, la piccola città greca in cui si consuma il matricidio da parte dei fratelli Oreste ed Elettra, intorno al 1200 a.C. A questa storia se ne sovrappone un’altra, più vicina ai nostri giorni, quella di Ale, anch’egli matricida insieme alla sorella Giulia. Le due storie parallele si alternano in un rapporto speculare come se fossero l’inizio e la fine dello stesso mito. Le personalità dei personaggi si sdoppiano e le emozioni si duplicano  ogni volta che si scontrano con la realtà dei fatti. La figura della madre Clitemnestra è quasi sempre sulla scena. La morte non ne cancella la presenza, anzi, non fa altro che amplificare e acutizzare la lucida follia nella mente dei fratelli.

Come accade nel film, anche in questo caso, il letto è l’elemento che riempie la scena. Infatti, esso rappresenta sia il luogo di riposo dalle fatiche e dagli affanni, sia il simbolo dell’ossessione, dei pensieri e delle allucinazioni che non lasciano dormire, degli attacchi paranoidi di Elettra/Giulia e delle crisi epilettiche di Oreste/Ale, del luogo in cui ci si mostra nudi davanti al proprio io.

Come commenta Filippo Gili:“Si può essere fratelli nello spazio. Ma si può essere fratelli anche nel tempo. Fra discendenza e confluenza. Pugni in tasca e Oreste non sono certamente coevi: ma coeva è la splendida disgrazia che incombe l’uno sopra, l’altro, sembra, sotto. Come se un pavimento lungo 2500 anni separasse il condominio dei due”.  Le due storie quasi completamente sovrapponibili si differenziano, però, per un particolare fondamentale: nel mito moderno de I Pugni in tasca non ci sono più gli dèi dispensatori di salvezza. Tutto è lasciato al peso della coscienza dei due protagonisti, non c’è catarsi né perdono divino: questo è il vero dramma dell’antieroe moderno con cui, ancora oggi, è forse necessario fare i conti.

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