Paolo Rossi e la strana trinità di Versailles

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La recita di Versailles con Paolo Rossi al teatro Vittoria è un’opera che come un pop-up si legge su diversi piani e dimensioni: Paolo Rossi con istinto funambolico riesce a portare avanti più discorsi che mirabilmente confluiscono in un unico percorso semantico.

Il teatro si fa così una palestra di linguaggi che fondendosi tra loro creano un senso più vivido, più reale.

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Il testo, riscritto da Stefano Massini, è tratto dall’Improvvisazione di Versailles composta da Moliere nel 1663.

Il gioco di rimandi tra la vita dell’attore del 600 e quella del personaggio capo-comico che Paolo Rossi interpreta sul palco è continuo fino a coincidere anche con la persona Paolo: davvero straniante e vivace questo continuo uscire ed entrare dal personaggio creando piani di lettura che si intersecano.

Paolo Rossi sul palco dà vita ad una strana trinità, quella dell’arte (attore, personaggio, persona) che, ad un certo punto, incontra quella religiosa…quasi a voler risolvere questa sacra triade in modo assoluto nelle diverse maschere che coabitano in ognuno di noi.

Ma la sua invettiva, comunque sempre comica, è contro i mediocri che precedono su tutto e battono sul tempo i talentuosi, troppo impegnati a diventare radical chic, persi in religioni dell’essere sempre più superficiali (mode alimentari travestite da alibi falsamente etici, corsi di apprendimento totalmente inutili che servono solo a riempire vuoti, ecc.).

E i mediocri sono i burattinai della dittatura invisibile che si circonda di mediocri politici ed eccellenti attori, insieme.

Tre sono i personaggi di Moliere a cui si ispira questa riscrittura del teatro del 600: il Misantropo si fa il manifesto di una Versailles sfavillante che fa orrore al protagonista per il tasso di ipocrisia tanto quanto dell’attuale “corte” di palazzo; il Tartufo è ambientato in un’epoca papale senza tempo dove il Papa non si sente a suo agio; il Malato Immaginario chiude il cerchio e sarà il personaggio che per via del suo surreale malessere porterà all’estremo i rapporti dialettici tra i tre attori della triade.

L’attore che recita nella vita e non per arte fagociterà la realtà della persona che sarà sempre meno riconoscibile dagli altri, come la sua malattia.

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