Parola d’ordine: precarietà

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Il Teatro Trastevere ha inaugurato la seconda parte della sua stagione teatrale con “Ricettario di un’imprecaria”, in scena dall’8 al 10 febbraio. Si tratta di un testo originale e intelligente, scritto e interpretato da Clementina Pagliuso, con la regia di Gianluca Mastronardi. 

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Questo brillante atto unico affronta il delicato tema del precariato, argomento di grande attualità e che ci tocca da molto vicino, soprattutto in un momento così difficile per il nostro paese.

La protagonista, Catena, (Clementina Pagliuso), una ragazza siciliana trentenne, si racconta attraverso le frustrazioni e i momenti di scoramento causati dall’impossibilità di fare progetti, un problema che non abbraccia solo la sfera lavorativa ma anche quella privata.

L’unica certezza che si riesce ad avere sembra quella della precarietà. Il tutto si svolge all’interno di una scenografia essenziale in cui le pareti nere sono incorniciate da strisce bianche fluorescenti che delimitano l’appartamento di Catena dove la ragazza incontra idealmente la sua coscienza, i brutti pensieri, il tempo che scorre inesorabile senza mai fermarsi (interpretato da Giulio Nardocci), ma anche lo spirito positivo rappresentato dall’artista francese (interpretato da Simone Milli) che cerca il lato buono in tutte le cose. Fanno da sottofondo le musiche realizzate da Monica Cognoli.

Sono diverse le riflessioni che suscita questo testo sapientemente orchestrato: si può affrontare la vita con un senso di precarietà generale, che ci priva dell’entusiasmo necessario per andare avanti? Si può costruire una società in cui posto fisso esiste di nome ma non di fatto, in cui la flessibilità non è sinonimo di dinamismo ma di precarietà? In questo excursus nelle difficoltà dei giovani odierni, ci imbattiamo nella triste realtà in cui molti lavoratori sono a termine ma ‘involontariamente’. Si grida ‘largo ai giovani’ ma, di fatto, non si lasciano passare. Si soffre di una vera e propria precarietà esistenziale, ben più profonda di quella che riguarda l’ambito lavorativo.

Non bisogna, tuttavia, cadere nella trappola del pessimismo, è necessario mantenere la calma e la lucidità ‘perché non esiste un mai ma solo un poi’. La vera stabilità oggi giorno non si raggiunge con il posto fisso, ma trovando ‘la personale chiave di lettura delle cose’. Ed è proprio la giovane protagonista a fornirci una possibile chiave di lettura attraverso le regole da seguire per non arrendersi: non scivolare nel vittimismo e sdrammatizzare. La regola della positività nella vita torna a essere vincente. Il senso di dignità perduta si riafferma lottando, la regola è ‘reagire, muoversi e cercare sempre’. Il sipario si chiude e chi si è sentito protagonista della storia, se ne torna a casa con una grande voglia di rimettersi in gioco.

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