Se sei uno sceneggiatore e in carriera hai firmato, solo per citarne alcuni, “La Cicala” di Lattuada, “Io, Chiara e lo Scuro”, “Testa o Croce” di Nanni Loy, “Acqua e Sapone”, “Al bar dello Sport”, buona parte dei film di un regista cult come Dario Argento o “C’era una volta in America”, si può certo dire che hai lasciato il segno!

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E’ questo il caso di Franco Ferrini, che il 20 Maggio, presso la Casa del Cinema di Roma ha presentato il suo libro “C’era una volta il Cinema” edito da Gremese.

Nel suo lavoro come ovvio si parla di cinema ma non con risvolti accademici, senza intento saggistico ma di pura narrativa.

La leggerezza di penna, l’ironia e il gusto per la battuta ne fanno un libro autobiografico davvero godibile.

Personaggi come Monicelli, Sergio Leone, Tim Burton diventano attori del libro e la scelta degli episodi benché non segua una narrazione lineare  non è stata casuale e sta al lettore capirne il

significato.

“Il titolo è evidentemente malinconico sebbene abbia cercato di essere ironico, caustico e talvolta anche crudele soprattutto con me stesso. Il racconto riesce ad essere anche straziante in alcuni frangenti perchè ci sono ormai anche una lista di morti”, ha rimarcato lo stesso sceneggiatore.

Si parla pure di “altri cadaveri” ovvero di film mai realizzati e rimasti allo stato cartaceo.

Ci sono pagine spassose che si alternano ad altre commoventi come quando si leggono quei libri sulla società contadina e i grandi vecchi raccontano certi segreti e magiche alchimie, tutte cose che si facevano e oggi nessuno conosce più.

Proprio questo è ben raccontato nel capitolo “Le botteghe dei sogni”, un ritratto delle copisterie specializzate nel copiare con macchina da scrivere le sceneggiature.

Un microcosmo che lavorava esclusivamente per il cinema e di cui ora non c’è traccia.

Tra i presenti è intervenuto Dario Argento che ha raccontato di come si siano conosciuti in un caldo agosto dell’84. Sebbene solitamente restio a dar retta agli sceneggiatori che si propongono per collaborazioni, Argento è colpito sin a subito dalla voce gentile di Ferrini e accetta d’incontrarlo a casa. Raccontandogli immediatamente della storia che stava stendendo (Phenomena), ha inconsapevolmente dato inizio a quella che sarebbe stata una lunga e proficua collaborazione.

Non potendo fare un tomo da 1000 pagine l’autore ha utilizzato “fegatelli” su persone a lui care.

I “fegatelli”, nel gergo cinematografico, sono le scene girate alla fine del film e tenute da parte per arrivare a un certo minutaggio.

Alla conferenza, a lagnarsi d’esser stato ridotto a “fegatello” è stato Enrico Vanzina.

Ferrini narra d’aver trovato sotto il proprio studio il cineasta intento a leggere il Corriere dello Sport sul cofano di una macchina, fumare e bere una tazza caffè sostenendo che quello fosse l’unico momento della giornata tutto per sè.

“Abbiam passato serate intere a parlare di Chandler, Proust, Dreyer e m’hai relegato alla figura squallida d’un Pomata o Mandrake del cinema!”, ha rimbrottato il regista!

Una amicizia profonda e di lungo corso la loro che va aldilà del cinema. A rimarcare questo, Vanzina ha raccontato di come avessero fondato insieme tanti anni fa il “Club della Pipa”. Appuntamento fisso ogni lunedì sera con pochi altri amici al Nuovo Olimpia per vedere un film e riunirsi a casa di Enrico a discuterne per ore. Un episodio piccolo ma che ben racconta come la loro  complicità si sia cementata nel tempo.

Non poteva mancare alla presentazione il regista e sceneggiatore Enrico Oldoini, originario anch’egli di La Spezia, collega e amico sin dagli esordi.

Lo stesso Ferrini nella premessa “incorona” il regista toscano come suo miglior amico.

“La cosa che mi è piaciuta sin dal principio di Ferrini è stato che fosse la persona meno probabile per sceneggiare commedie. Per far ridere bisogna esser molto seri e Franco frivolo non lo é.”

Oldoini ha ricordato l’esilarante episodio, presente nel volume, legato al rifiuto del contratto di esclusiva con De Laurentiis e l’incontro con un mostro sacro come Alberto Sordi.

Questo e tantissimi altri aneddoti arricchiscono un’opera che, a detta di chi ha già avuto modo di leggerla, rischia davvero di appassionare. Buona lettura!

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