Al Festival di Ravello l’ironia classica di Primal Matter di Dimitris Papaioannou

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Per chi non frequenta il mondo della danza, forse, questo nome può risultare sconosciuto: Dimitris Papaioannou è invece un artista molto noto che ha lavorato ai più alti livelli mondiali, entrando più o meno nelle case di tutti qualche anno fa, per le cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici di Atene 2004 di cui fu ideatore e direttore artistico.

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Il suo talento creativo propone diversi percorsi di lettura delle sue opere, affascinando profondamente anche un pubblico eterogeneo come quello presente in sala all’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello.

La performance dello spettacolo Primal Matter, proposto nell’ambito della 64a edizione del Ravello Festival, è stata seguita da un folto pubblico composto da molti giovanissimi e da un nutrito numero di spettatori stranieri, segno della indiscutibile forza comunicativa della performance e di una accurata organizzazione che lavora dietro alle quinte del più prestigioso festival estivo del Sud Italia.

Poliedrico e poetico

Poliedrico, estremamente poetico, a tratti piacevolmente ironico, tutto si svolge su una quinta bianca concepita come una passerella longitudinale sulla quale si muovono due figure umane: un corpo maschile completamente nudo – il danzatore Michael Theophanous – ed un uomo elegantemente vestito di nero – lo stesso autore Dimitris Papaioannou che ha accolto personalmente il pubblico nella sala dando inizio alla performance già con lo strappo dei biglietti.

Le due figure che dominano la scena, popolata da pochi altri oggetti (pannelli mobili, tavoli, un tubo da irrigazione, un secchio di stagno, un ciuffo di carote, un pezzo di tessuto bianco e un paio di sgabelli) rivelano subito un profondo rapporto di simbiosi che ha come perno fondante di ogni movimento la fisicità del corpo umano: un corpo si intreccia all’altro, scambiandosi continuamente il posto sullo sfondo di un pannello di legno che sembra assumere il ruolo di confine dimensionale ma anche di varco di passaggio, in un continuo e fluido trasformarsi l’uno nell’altro, dialogo primordiale a due voci silenziose ma vibranti di materia.

80 minuti di performance

I quasi ottanta minuti di performance sono ricchissimi di rimandi artistici e culturali che a volte è difficile individuare chiaramente poiché si susseguono sulla scena in maniera repentina, sfumando l’una nell’altra in un ordito vasto e prezioso che il pubblico percepisce solo nella sua interezza: dalla nudità classica delle statue antiche alla filosofia platonica del continuo divenire, fino alla dualità irrisolta ed in costante mutamento dell’essere sociale- il performer convenzionalmente vestito – e dell’essere intimo – il corpo nudo e libero dalle regole sociali, culminando tutto nell’allegoria di un parto.

Uno spettacolo estremamente affascinante, questo, che celebra la ricerca di un principio eterno che però racchiuda in sé il costante mutamento e la costante dualità dell’essenza primordiale della materia che abita un solo corpo ma ne genera più immagini, volubili, liriche, tenere e che ad ogni giro di boa ne rappresenti una rinascita perché tutto ricominci daccapo in un nuovo ciclo.

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