Qualcuno volò sul nido del cuculo, in scena al Verdi di Salerno, una pietra miliare del cinema arriva in scena con la firma di Alessandro Gassman.

La regia di Alessandro Gassman porta in scena nel bel Teatro Verdi di Salerno, quasi completamente pieno per la prima di questo spettacolo, una storia che molti conoscono, tratta dal romanzo di Ken Kesey Qualcuno volò sul nido del cuculo che a sua volta ispirò il noto film del 1975 interpretato da un giovane Jack Nicholson e trasformatosi in una vera pietra miliare nella storia del cinema americano, vincendo innumerevoli premi e ottenendo un profondo riconoscimento morale per aver infranto le barriere culturali che relegavano il delicato mondo della malattia mentale ad una tematica di scarso appeal, ignorata dai più come se l’umanità di quelle storie non potesse avere lo stesso potere emotivo.

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Ma in questo adattamento teatrale di Qualcuno volò sul nido del cuculo di Maurizio De Giovanni quel che colpisce di più non è la forte traccia di fondo che richiama l’opera cinematografica, ma il sottile lavoro fatto sui dialoghi , sui personaggi , sull’ambientazione, nell’intento di portare a galla un sentimento di fortissima e sorprendente identificazione legato a quelle storie: le differenti inflessioni dialettali dei protagonisti, i caratteri e l’emotività di ciascuno, la fragilità psicologica che impedisce di riscrivere un’esistenza silenziosa, la sconfitta desolata del gruppo in balìa di un insensato potere subdolo e vigliacco, la reazione e la tenacia di chi non è stato ancora domato, l’euforia di chi riscopre la sua normalità, il riconoscere in quelle storie una chiara metafora della società in cui viviamo ostaggi del dominio dell’uomo sull’uomo, tutto ciò intercetta per un breve momento le vite di chi è seduto in platea e le accompagna in uno spazio di amara consapevolezza.

Colpisce molto l’attenzione al progetto della scenografia, di Gianluca Amodio, ed il suo ruolo nella narrazione: la scelta del proporre una scena dominata dalla precisa, enorme riproduzione di uno dei finestroni dei padiglioni dell’ex manicomio di Aversa (luogo in cui viene ambientata la storia) e della sua atmosfera decadente e priva di vitalità che stride fortemente con l’esuberanza di Dario Danise – interpretato da un bravissimo Daniele Russo – delinquente napoletano che si finge pazzo per evitare la prigione, che porterà un allegro disordine nel gruppo dei “pazzerelli” in terapia ma anche tutta l’umanità e l’allegria di cui erano stati privati in precedenza. Notevole anche l’espediente del pannello semitrasparente sul boccascena, tra attori e pubblico, e sul quale vengono proiettati sotto forma di videografie sogni e ricordi di Ramon, un pazzerello senza parola ma dalla statura gigante che sarà il protagonista di un emozionante e scenografico finale, a metà tra proiezione cinematografica e scena teatrale, e che sottolinea a chiusura dello spettacolo come quel che è appena stato narrato sul palco attraversa quel confine e ci viene incontro, a rammentarci che hanno appena parlato di noi tutti.

Ultima replica al Teatro Verdi di Salerno, oggi 7 Febbraio alle ore 18.30

Per questo Articolo le immagini sono state fornite dall’ufficio stampa dell’artista/spettacolo. Si declinano per tanto ogni responsabilità relative ai crediti e diritti.

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