Racconti d’amore, nuova fatica di Elisabetta Sgarbi è presente in concorso per la rassegna CinemaXXI, appendice del Festival Internazionale del Film di Roma 2013 .

La regista,  tra l’altro Direttore Editoriale della casa editrice Bompiani, esordisce alla regia nel 1999 con “Mariko Mori”.

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Avevo avuto modo già di conoscere alcuni suoi lavori, ma mi accorgo come con in questo suo ultimo ci sia un cambio di passo e una certa differenza stilistica. Inoltre la conferenza stampa è stata l’occasione per conoscerla dal vivo ed apprezzarne tutta la brillantezza, simpatia ed energia.

E’ praticamente lei che prende le redini del dibattito che si è svolto appena dopo la fine della proiezione a cui La Nouvelle Vague  Magazine ha assistito.

Il film, narra quattro storie d’amore. La prima, che vede la partecipazione di Laura Morante, è forse quella che ci ha convinto maggiormente. Supportata dal testo di Sergio Claudio Perroni e illuminata dalla bravura di Michela Cescon, racconta la storia di due partigiani, amanti, traditi da una delatrice di loro conoscenza.

Non troviamo nulla della retorica usuale riguardo a certi temi, ma una straordinaria modernità che si fa segno cinematografico. Ricordata dalla figlia, è una storia di resistenza ma anche d’amore. Una vicenda forte in un momento forte.

Molto interessante la figura della delatrice.  Mettendo sulla bilancia 8 possibili morti con 30 certe dei militari tedeschi che sarebbero state vittime di un attentato, lei sceglie la delazione. Il personaggio di Bruna,  che si rende conto della colpa che le viene rinfacciata, ha come prima reazione quella di giustificarsi ma anche lo spessore di chi ha la forza di ciò che ha fatto. “Quando macchiate di sangue tutte le divise sono uguali, sono tutte uguali le lingue del dolore”.

Davvero toccante e intimo pure il terzo episodio di Micol Finzi Contini, resa sulla schermo da una brava e altrettanto bella Elena Radonicich. Ripercorre la sua infanzia ferrarese tornando al cimitero ebraico di casa sua. Con la partecipazione di Rosalinda Celentano, è il testo di Bassani che irrompe in tutta la sua bellezza grazie alla voce narrante di un superbo Toni Servillo.

Elena, ti abbiamo visto recentemente nella fiction di Soavi su Adriano Olivetti, quale differenza c’è tra questa regia e una di fiction?

“Beh, sono enormemente diverse. Una sceneggiatura pensata per una fiction ha tempi, ritmi e regole totalmente diverse,  ma io sono contenta di confrontarmi con registri così differenti. E’ questo che appaga un  desiderio che fa parte del mio lavoro. Io sono di Torino e la nebbia mi è sorella, si può dire, perciò questi luoghi li sentivo vicini. È stato un incontro che ha generato affetto, inoltre sono molto legata anche per ragioni personali ai Finzi Contini, perciò è stata una esperienza che mi ha donato tanto”.

“A Rosalinda ho chiesto di venire sui luoghi che sono paesaggi di morte, desolazione e raccontare una storia che è inno alla speranza seppur malinconica”, ha spiegato Elisabetta.

Senza i luoghi, magici, onirici, lunari e decadenti della pianura padana in cui si sono svolte le riprese il film non sarebbe stato certo lo stesso.  Luoghi che hanno aiutato la regista, come da lei affermato perché li vede come centro del mondo. “Mi da piacere respirare quei luoghi anche in quello squallore, è una voce che mi parla e mi viene incontro”.

Enorme contributo alla resa finale la da il Maestro Franco Battiato, intervenuto in conferenza stampa, autore delle musiche del film.

Come ha lavorato sulle musiche?

Lei (Elisabetta) non mi manda nulla, un fotogramma a volte o una specie di telegramma e quindi seguo il mio istinto e poi, non so come mai ma le cose coincidono.

Parlare di resistenza era un obiettivo che si era posta?

“L’origine di tutto il progetto ha la committenza precisa di Rai Cinema in coincidenza con l’eccidio del Castello di Ferrara con uno sguardo al presente come il racconto di Tony Laudadio, nella doppia veste di attore e autore testimonia”.

Laudadio, ha spiegato non c’è nessuna sceneggiatura se non nella testa di Elisabetta.”E’ divertente è il modo in cui lavora e la troupe ridotta, con poco selezionate fidate persone, crea una comunità che si muove compatta e credo che questo faccia la differenza.

Finale divertente per la conferenza con la Sgarbi che afferma che l’alta definizione è meravigliosa, peccato che nessuno la sappia usare. “Alla fine non vedi mai c’ho che hai realmente visto. Si crea quella cosa orribile che è il banding! Non si può lasciar passare! Usiamo i Vhs, almeno quella immagine impura è di sicuro più bella”.

Un ultimo cenno lo merita la splendida fotografia affidata ad Andres Arce Maldonado ed Elio Bisignani.

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