È andato in scena dall’1 al 3 aprile al Teatro Le Sedie di Roma, Sabina scritto da Andrea Pergolari e interpretato da Gioia Montanari e Valentina Favella. Il testo affronta la vita di Sabina Spielrein (1885-1942), psicanalista russa naturalizzata tedesca, una delle prime donne ad esercitare questa professione.

Ispiratrice di testi e film (Prendimi l’anima di Roberto Faenza e A Dangerous Method di David Cronenberg), la Spielrein è una donna inquietante ed enigmatica passata dalla malattia mentale (l’isteria psicotica) all’amore per Carl Gustav Jung e l’esercizio della professione. Spesso ricordata semplicemente come l’amante di Jung, la figura di Sabina Spielrein, ben più complessa, è stata sovente dimenticata, rimossa e incompresa. Andrea Pergolari prova a dar voce alla paziente che si è fatta psichiatra, intessendo relazioni personali e professionali con Jung e Freud, alla pioniera che ha introdotto la psicanalisi in Unione Sovietica, alla donna la cui la tragedia personale incontra quella della Storia: Sabina Spielrein morirà per mano dei nazisti in una forra di Rostov.

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Sulla scena prende vita il viaggio nella psiche della Spielrein, delineato da Pergolari, tra parole sconnesse, incubi allucinanti e passioni irrefrenabili. A dare corpo e volto al tormentato personaggio di Sabina sono due giovani e talentuose attrici, Gioia Montanari e Valentina Favella, due facce della stessa medaglia, l’Ego freudiano in parte conscio e in parte inconscio. L’affascinate scelta dell’autore e della regia è orientata a dare due diversi volti alle diverse sfumature di personalità di Sabina, che ama, soffre, sogna e studia dialogando continuamente con la parte sommersa dell’Io, quella parte di sé che la guiderà per tutta la vita.

A tratti letteralmente angosciante, in grado di far provare allo spettatore le strazianti emozioni della Spielrein malata e tormentata, a tratti illuminata e proiettata verso un futuro colmo di speranza, la messa in scena claustrofobica punta tutto sull’ambientazione minimalista e l’interpretazione delle sue meravigliose protagoniste: corpi, volti e voci che si prestano alla causa senza soluzione di continuità, in un’immedesimazione pressoché totale con il personaggio. In particolare colpisce l’intima partecipazione e adesione al ruolo di Gioia Montanari, capace di regalare allo spettatore brividi autentici attraverso un’interpretazione naturale e mai forzata che coglie nel segno per vibrante drammaticità.

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