La Salomè di Oscar Wilde per la regia di Luca De Fusco sarà in scena al Teatro Politeama Rossetti di Trieste dal 19 al 24 febbraio.

Luca De Fusco dopo Sei personaggi in cerca di autore torna sul palco del Rossetti di Trieste con un altro capolavoro della letteratura: Salomè di Oscar Wilde.

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Un dramma su una donna che danza a piedi nudi nel sangue

La Salomè è un’opera che rispetto alla sua fama è stata poco rappresentata in teatro. Colpevole la complessità della messinscena e l’insoddisfacente possibilità di tradurre sul palco l’immaginifica scrittura di Wilde.

Scritto nel 1891 a Parigi, il dramma in atto unico fu censurato a Londra a causa di una legge che vietava di mettere in scena i personaggi biblici. Venne rappresentata per la prima volta nel 1931 quando era già divenuto uno dei capolavori dello scrittore irlandese.

“Sto scrivendo un dramma su una donna che danza a piedi nudi nel sangue di un uomo che ha amato e che ha fatto uccidere […]” Così Oscar Wilde parla di Salomè a un violinista del Grand-Café di Parigi.

Wilde riprende la vicenda descritta nei Vangeli della principessa giudaica e del profeta Giovanni Battista (qui Iokanaan) e la trasforma in uno scrigno colmo di simbolismo. De Fusco non cede alla tentazione (diversamente da quanto suggerisce Wilde nel celebre aforisma) di una rappresentazione dal profumo orientale, ma destruttura il testo per far emergere il binomio che lo regola. Salomè e la Luna – sua alter ego – protagoniste della vicenda, sono il simbolo della coppia Amore/Morte.

Salomè innamoratasi di Iokanaan, prigioniero nel palazzo del patrigno Erode, tetrarca di Giudea, a causa del rifiuto alle sue avances amorose danza per ricevere in dono la testa del profeta in un bacile d’argento e poterlo così baciare.

Se mi avessi veduta, mi avresti amata. Io, io ti vidi, Iokanaan, e ti amai. Oh, come ti amai! Ti amo ancora, Iokanaan, amo te solo… Ho sete della tua bellezza, ho fame del tuo corpo; e né vino né frutta possono quietare il mio desiderio. […] Se mi avessi guardata, mi avresti amata. So che mi avresti amata; e il mistero dell’Amore è più grande del mistero della Morte. L’Amore soltanto importa.

Salomè e la Luna

Luca De Fusco ha scelto di mettere in scena questo testo, co-prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, con l’intento di restituire al pubblico la sua personale visione dell’opera.

L’atmosfera è livida, carica sin dal principio, rischiarata solo dal fulgore della luna e della capigliatura aliena della principessa (entrambe merito dell’intuizione della scenografa e costumista Marta Crisolini Malatesta). La Luna, che sorge e domina la scena da uno schermo circolare al centro del palco, e Salomè sono il perno della messinscena di De Fusco, sorelle terribili nella bellezza e nella fatalità. Esse regolano le fasi della narrazione in simbiosi perfetta, da pallide e miti a insanguinate e feroci. Il parallelismo è piacevole e intrigante e De Fusco, grazie all’idea dello schermo, riesce a catturare l’attenzione del pubblico e a farlo entrare nella sua visione.

Cifra stilistica della sua produzione, la contaminazione tra le arti visive riesce ancora una volta a offrire al pubblico ciò che il teatro da solo non potrebbe. Lo schermo, tondo come la luna e la vera da pozzo, mostra due dimensioni inaccessibili agli occhi dello spettatore: il cielo e la cisterna in cui è sepolto vivo il profeta. La voce di Iokanaan assume così una fisicità, che poi è quella di cui si innamora Salomè e di cui possiamo godere anche noi fino al triste epilogo.

Tre grandi interpreti e un giovane cast

La direzione della regia di Luca De Fusco convince, a sostenerla un cast giovane, a tratti timido, e tre grandi interpreti. Prima fra tutti Gaia Aprea che regala al pubblico una personalissima Salomè. Impeccabile nell’appropriarsi del testo con il suo inconfondibile stile, che permette di riconoscerla anche se mistificata nei lineamenti dal trucco di scena. Eburnea ed eterea, maledetta sin da principio, attende pazientemente di svelarsi nella sua trionfale vendetta. Eros Pagni (Erode) è un piacere per gli occhi e il cuore, unico assieme ad Anita Bertolucci (Erodiade) capace di restituire le note ironiche e più gustose del testo con una interpretazione carica e tenace.

De Fusco si concede nel finale un’intuizione spiazzante, allontanandosi dall’opera. Salomè danza contemplando vittoriosa le labbra ormai mute di Iokanaan che divengono qualcos’altro, uno specchio in cui affogare il suo narcisismo.

Io ho baciato la tua bocca, Iokanaan, ho baciato la tua bocca.

Salomè e la Luna si oscurano.

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