L’intersessualità. Cos’è? Questo tema, decisamente poco affrontato, è al centro dello spettacolo Sono un segno scritto e diretto da una giovanissima Laura Dotta Rosso in scena al Teatro Due di Roma dal 3 al 6 ottobre. Ne abbiamo parlato con l’attrice, anche regista e autrice dello spettacolo.

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Quando è nata l’idea di un testo che affronta questa tematica?

L’idea l’ho avuta nell’agosto 2018, nella casa di famiglia in campagna; ero sul divano e mi sono messa a guardare un documentario chiamato “Follow This” basato sulla redazione del giornale “BuzzFeed News” su Netflix. In un episodio si parlava di disagio,persone che erano nate sane e che in seguito i medici avevano fatto ammalare, di intersessualità, di leggi inesistenti, di confini non ancora trasparenti e di mutismo su tutto quello che riguardava la sfera sessuale di questi individui, su quello che riguardava la loro esistenza.

Ho pensato: ascoltiamo e capiamo meglio di cosa come sono fatte le persone ermafrodite; non avevo intuito proprio nulla, l’intersessualità non è sinonimo di ermafroditismo, non è sinonimo di mezzo maschio e mezzo femmina,l’intersessualità è una realtà più complessa,più intrinseca,più profonda che gestisce ogni lato emotivo, psicologico e fisico dell’individuo. La mia realtà fino a quel momento era stata distorta, accecata da un mondo che non rappresentava una parte ampia della popolazione e mi sono chiesta quanto in realtà rappresentasse me che per tutti ero nata “normale”.

Le stesse emozioni le avevo provate anche io in contesti differenti, in maniera trasversale, in maniera meno diretta ma pur sempre totale. Ho sentito l’esigenza di urlare alle persone la nostra ignoranza, di dire agli esseri umani che non siamo soli, far conoscere tutto di tutti perchè, se il pettegolezzo venisse usato per informare invece che per massacrare, allora sarebbe più valido di tanti social e tanta disinformazione. Dobbiamo ritrovare la comunicazione, la parola semplice,leale,distensiva e riappacificatrice. Dobbiamo essere intelligenti, trasparenti e parlare di sesso, amore, fisicità come se parlassimo di gelati, perchè, in fondo, se il gelato è buono, non importa da cosa sia sostenuto sotto.

Il 3 ottobre sei in scena al Teatro Due con Sono un segno. Di cosa parla questa storia che scrivi,dirigi e interpreti?

Questa storia può parlare di chiunque di noi si sia sentito, almeno una volta nella vita, fuori posto. Io racconto un’ipotetica storia dove tutti si possono riconoscere per diversi motivi. Parlo a chi non si sente sempre bene con il proprio corpo, a chi ha subito violenze morali , fisiche e psicologiche, a chi ha subito bullismo, a chi non si sente rappresentato dalla società che ci circonda, parlo a chi desidera conoscere altre realtà e parlo a chi si ritrova a piangere senza sapere il perchè.

La ragazza protagonista di “Sono un segno” inizialmente è chiusa all’interno di una gabbia che però non sa riconoscere e non capisce di che cosa è fatta. Non sta bene con sè stessa, non sta più bene con gli altri ma non riesce ad individuare le motivazioni, ha paura ad affrontare tutto questo vortice di emozioni perchè non capisce se la porteranno a qualcosa di buono o se è meglio che rimanga nel suo angolo buio dove è sempre stata abituata a stare, perchè affrontarsi e affrontare ciò che ci circonda può farle più paura del far finta di nulla.

Sono un segno – Di e con Laura Dotta-Rosso

Chi sono gli intersessuali? Sappiamo cosa vuol dire? Sappiamo come si sentono? Siamo in grado di comportarci in maniera naturale parlando di qualsiasi argomento con una persona intersessuale? Vogliamo metterci in gioco? Ti poni queste domande. Hai dato una risposta?

Ci ho provato. Mi interessava avvicinarmi a queste tematiche da persona eterosessuale e non volevo in alcun modo offendere, denigrare, giudicare o sembrare insensibile. Ho voluto che queste tematiche fossero viste meno come argomenti di nicchia e fossero più alla portata di tutti in modo che non ci si sentisse a disagio a parlarne, in modo che fosse più naturale il confronto.

Ritengo che non esistano persone che non hanno provato disagio nella loro vita per qualche privata ragione, esistono solo persone che cercano di avere comportamenti più accettabili perchè siamo in una società nella quale conta la percezione che gli altri hanno di noi; facciamo discorsi di integrazione, inclusione ma quando in un bar si presenta una persone che non riteniamo vestita coerentemente con il contesto che ci circonda iniziamo noi ad essere imbarazzati per lui ridacchiando e ci lanciando occhiate di disapprovazione.

Siamo circondati dal sesso ma non riusciamo ad essere spontanei palando di genitali , orgasmi e apparato riproduttore. Siamo curiosi ma non riusciamo a chiedere troppo. In questo spettacolo non voglio dare risposte certe, voglio dare spunti, fare riflessioni e poter contribuire a nuove consapevolezze.

Come si è svolto il lavoro di preparazione di questo testo?

E’ difficile trovare persone intersex che riescano completamente a fidarsi e a lasciarsi andare; per questo motivo, ad oggi, non sono ancora riuscita a parlare con una persona intersessuale dal vivo. Vorrei che io potessi essere una persona di cui fidarsi per tutte le persone che hanno provato questo tipo di esperienza.

Inizialmente ho letto tante interviste, ho visto dei film, ho guardato video , controllato i termini da usare e ho cercato di recuperare i momenti della mia vita nei quali mi ero sentita sola, emarginata o semplicemente un pesce fuor d’acqua. Mi sono lanciata , mi sono lasciata trasportare da quello che le mie dite mi dicevano di scrivere. Il mio spettacolo non vuol essere un trattato di medicina, non voglio avere la presunzione di sostituire medici, voglio far capire a livello emozionale come si possono sentire queste persone, voglio dare risposta ad alcuni interrogativi generali senza essere pesante.

L’arte deve dare stimoli, non risposte, anzi, spesso crea altre domande ma solo in questo modo si può vedere il mondo da tante angolazioni.

“NOI intersessuali non combattiamo all’esterno per noi stessi, perché siamo già una battaglia dentro”. Affermi questo nel tuo spettacolo. Di che battaglia si tratta?

Una battaglia fatta di scontri, di incomprensioni, di paure, di tristezza, di non conoscenza. Le persone intersessuali prima ancora di avere la forza di combattere, spesso devono affrontare la realtà: devono capire contro cosa devono combattere perchè non ne hanno idea. I genitori, la famiglia, le istituzioni, i medici fino all’adolescenza non comunicano la diagnosi alla persona in questione per paura.

Sono a conoscenza di persone che hanno scoperto la loro diagnosi in età matura, dopo essersi sposate e avere avuto per tutta la vita la sensazione che qualcosa del loro corpo non andasse bene. Voglio combattere questo silenzio, questa disinformazione, questo isolamento che logora un individuo  giorno dopo giorno.

Perchè questo titolo?

Poco più di un anno fa ero su un treno sul sedile vicino al finestrino, come sempre. Mi sono guardata intorno. Mi piace fantasticare sulle storie delle persone che mi circondano; dare loro una storia, un motivo per cui si trovano in quel momento vicino a me.

Mi è venuto da scrivere di getto, dicendo che tutti siamo importanti per qualche motivo, che le nostre storie sono i testi scritti ma che noi siamo gli evidenziatori e decidiamo cosa portarci dietro e cosa lasciar andare. Tutti lasciamo qualcosa, perchè nessuna vita vale meno di un’altra, perchè tutti abbiamo un percorso, un pensiero, e alla fine di tutto ho scritto “Sono un segno“. Avevo trovato il mio titolo.

Sono un segno – Di e con Laura Dotta-Rosso
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