Todi Festival, intervista al direttore artistico Eugenio Guarducci

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Il Todi Festival torna dal 26 agosto al 3 settembre con un programma ricco di spettacoli, eventi e novità in grado di conquistare il pubblico di ogni età.

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La trentunesima edizione del Todi Festival riconferma per il secondo anno di seguito Eugenio Guarducci come direttore artistico della manifestazione.

Creatore dell’originale Eurochocolate ed attuale assessore alla cultura di Assisi, lo abbiamo contattato per farci raccontare il percorso che ha portato al Todi Festival 2017 e quali novità ci attendono.

Partiamo dalle sue prime esperienze nell’organizzazione di eventi, cosa ha portato Eugenio Guarducci, laureato in Architettura, prima a creare l’Eurochocolate, una delle manifestazioni più famose in Italia, e poi ad organizzare il Todi Festival?

Nell’83 visitai l’Oktober Fest di Monaco e rimasi folgorato dalla prospettiva di creare un evento simile nella mia città a tema cioccolato. Purtroppo ero ancora troppo giovane, avevo appena 18 anni, quindi l’idea si realizzò solo 12 anni dopo.  Nel frattempo mi occupai di eventi enogastronomici in Umbria, coprendo anche la carica di governatore dell’Arcigola, che poi diventerà Slow Food.

Una volta raggiunta una certa “maturità” ed esperienza in quel mondo, ripresi quella folgorazione da diciottenne e mi dissi che era il momento di creare quella grande cioccolateria all’aperto che poi divenne Eurochocolate. Nessuno poteva immaginare che si sarebbe trasformato in un impegno così importante.

E pensa che la sua esperienza con l’Eurochocolate, o con il suo lavoro come assessore alla cultura di Assisi, l’abbia aiutata nell’approccio con il Todi Festival?

Il mio vantaggio competitivo è stato quello di non avere pregiudizi rispetto ad un mondo che non conoscevo e che tutt’ora non conosco a fondo come quello della produzione teatrale e della creazione di un festival di questo tipo che, nel caso del Todi Festival, aveva già un solco ben delineato dal quale, soprattutto in occasione del trentennale, era difficile staccarsi.

Questo è stato un vantaggio perché, come ho detto, mi sono potuto approcciare senza pregiudizi e ho lavorato in una dimensione che mi è propria, quella dell’ascolto. Mi sono quindi affidato ai consigli di persone fidate e più esperte di me su questo tema. Grazie a questo è nata un’edizione del festival con cui abbiamo cercato di unire le caratteristiche più tradizionali dell’evento con degli elementi innovativi.

Pensa di essere riuscito a migliorare alcune caratteristiche del Todi Festival rispetto all’edizione dell’anno scorso?

Abbiamo dato sicuramente più spazio ai giovani protagonisti del mondo del teatro grazie a questa sorta di spin-off che è il TodiOff.

Si tratta di un evento nell’evento a cui abbiamo voluto dedicare uno spazio che molti festival faticano a dare dato che a volte può essere difficile investire in persone poco conosciute. Noi abbiamo scelto la via opposta scommettendo su questi artisti con la volontà di mostrare al nostro pubblico nuove espressioni e nuovi talenti.

Una delle novità più interessanti è AroundTodi con cui trasportate il festival in giro per la città, cosa ci può dire al riguardo?

Diciamo che in questo modo portiamo il Todi Festival anche nelle nostre periferie composte da castelli e paesaggi importanti. Abbiamo voluto insistere su questi luoghi per creare un’unione tra la cultura fatta di arti figurative, come quelle del teatro, e la cultura materiale dei territori, come possono essere i prodotti enogastronomici locali. Così i visitatori avranno l’opportunità di assaggiare, prima o dopo lo spettacolo, la ricchezza che può nascere dalla nostra terra.

Quindi è corretto dire che avete cercato di creare una manifestazione in grado di essere interessante sia per i turisti che per gli stessi cittadini?

Io penso che un festival prima di tutto debba essere amato dai cittadini del luogo.
Se viene visto come un qualcosa di esterno ed estraneo è inevitabile che le persone finiscano per viverlo male. In quei casi si viene a creare una tensione in grado di essere percepita da tutta la città.

Abbiamo cercato di rendere partecipi le forze locali spingendole a prendere parte alla costruzione del festival sia in modo attivo che passivo.
Questo è un merito che teniamo ad ascriverci perché, in passato e in altri eventi, abbiamo visto una forma di snobismo tra le manifestazioni e i luoghi in cui avvenivano.

Noi invece abbiamo voluto coinvolgere le forze positive del posto dato che un festival ha anche il ruolo di evidenziare ciò che di buono si trova sul territorio.

E come hanno risposto queste forze alla vostra proposta?

Ci hanno supportato in tutto ma più che altro ci hanno sopportato per quelle dinamiche a cui non erano abituati, come gestire assieme a noi i tempi della produzione e della comunicazione della manifestazione. Ci siamo concentrati soprattutto in questo secondo aspetto dato che, oggi che mai, è inutile mettere in pratica delle buone idee senza comunicarle nei tempi giusti.

Per questo ci siamo assicurati che chiunque venisse da noi con una buona idea avesse poi anche la capacità di organizzarle e comunicarle in fretta.

Parlando proprio di comunicazione, che ruolo è stato dato ai social e che peso avranno sul Todi Festival?

Oggi più che mai ogni evento, dalla sagra della ranocchia alle feste più grandi, se non ha un approccio sistematico con la comunicazione in generale è purtroppo destinato a non durare al lungo. Proprio per questo abbiamo dedicato parte delle nostre forze alla gestione degli spazi social.

Questo è provato dalla sezione Giardini Segreti in cui il pubblico scoprirà i luoghi in cui si terranno gli spettacoli di questa sezione della manifestazione soltanto seguendo la pagina Facebook e le altre piattaforme del festival.

Lei ha vissuto sia la parte del ragazzo troppo giovane per mettere in atto le proprie idee che la parte dell’uomo di successo con anni di esperienza, come pensa si debbano approcciare gli organizzatori alle nuove generazioni e che ruolo possono coprire i festival?

Innanzitutto dobbiamo avere la consapevolezza che parliamo di “industria culturale”, anche se so che alcune persone possono spaventarsi nel vedere associate le parole “industria” e “cultura”, specialmente in un paese come l’Italia in cui la cultura, e il turismo legato a essa, si ritrova ad essere un elemento fondamentale nella crescita del paese stesso.

Se un buon amministratore pubblico capisce questo, allora è la volta buona che deve dare spazio alle energie positive che si trovano sul territorio e promuoverne di nuove tramite i giovani talenti.
A questi ultimi si deve infatti dare la possibilità di sbagliare, perché tramite l’errore si cresce e si matura.

Molto spesso ho l’opportunità di entrare in contatto con molti ragazzi e ogni volta posso constatare come loro siano molto più “sul pezzo” riguardo alle tendenze e nel capire quali sono i bisogni del pubblico.
Sebbene si debba mantenere un equilibrio con gli altri target, magari più maturi, è certo che nell’organizzazione di eventi sono le nuove generazioni quelle più capaci nel creare una maggiore interazione sia al livello locale che nazionale e internazionale.

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