Claudio Insegno : Ecco come ho conquistato Parigi

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Il musical italiano è sbarcato alle Folies Bergere di Parigi e ha fatto subito…Folies! ( qui il link di un servizio televisivo francese ).

Nonostante fosse recitato in italiano, il pubblico francese lo ha acclamato nel corso delle tre settimane di programmazione in uno delle sedi di spettacolo più note a Parigi e nel mondo.

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Del resto la versione italiana di “Jersey Boys” è esplosiva, divertente, perfetta. E di questo ne abbiamo già scritto in occasione del debutto a Milano avvenuto la scorsa primavera.

Jersey Boys” è stato decretato il miglior musical dell’anno nel corso dei Musical Awards svoltosi a metà settembre al teatro Brancaccio di Roma (la seconda statuetta è andata ad Alex Mastromarino che interpreta il protagonista Frankie Valli).

In vista del ritorno a Milano, al Teatro Nuovo dal prossimo 3 Novembre, inevitabile scambiare due chiacchiere con il regista di Jersey Boys, Claudio Insegno.

Ci risponde al telefono raggiante, ancora piacevolmente stupito di quanto sta accadendo in Francia. Ed è proprio dalla Francia che inizia la nostra conversazione

Ci racconti dell’avventura di Parigi?

E’ stata una sorpresa. Pensare di andare a fare uno spettacolo in italiano a Parigi, città che ha la possibilità di avere grandi spettacoli internazionali, città che produce grandi spettacoli è stato molto pericoloso.

La prima sera, quando ero lì ed ho visto il pubblico come ha reagito sono rimasto stupito. Ha avuto un enorme riscontro sotto ogni punto di vista, attoriale, scenico, tecnico. Hanno apprezzato molto la fatica, osannato il prodotto nella totalità.

All’inizio i francesi facevano un po’ fatica, erano un po’ sconcertati perché lo spettacolo era in italiano, ma sono sempre rimasti tutti fino alla fine. E questo ci ha fatto bene, ha fatto bene alla nostra anima. Abbiamo avuto la conferma di aver centrato nella scelta del prodotto.

Tra l’altro sta avendo un ottimo incasso in un momento in cui gli stessi spettacoli francesi non vanno benissimo.

Siamo in scena fino al 15 ottobre, ma stiamo già pensando ad un ritorno.

Proporre un titolo di musical in Italia non è semplice. Come è venuto in mente di proporre Jersey Boys?

Penso che Lorenzo Vitali, il produttore, volesse fare qualcosa di diverso. Era molto contento perché lo aveva visto a Londra e riteneva che noi potessimo farlo meglio dal momento che la storia narra anche di una famiglia italiana emigrata negli States.

Era rischioso comunque. Io gli dissi subito che era pazzo ma Lorenzo mi ha chiesto di provarci. E alla fine ha funzionato.

E’ stata una vera sfida perché non avevamo alcun appoggio né dal il titolo né dai personaggi né dalle canzoni.

La scelta è stata coraggiosa e giusta e un po’ tutti dovrebbero farlo. Ma non si rischia tutto resta fermo

Il successo di Jersey è dovuto al cast, al libretto, alle canzoni ?

Un insieme di cose. E’ dovuto al camerino. E’ quello che si fa a cena, tra i ragazzi, la produzione il regista, il rapporto umano che si crea nel gruppo. Io ho cercato di divertirmi prima fuori e poi dentro….la famosa frase “ci divertiamo tantissimo” è vera, non una frase fatta come dicono molti.

In questo caso si vede tantissimo. Il successo è questo rapporto tra le parti

Certo, poi il cast interpreta canzoni belle su un buonissimo libretto. Il copione è stato scritto come se non fosse un musical: entra ed esce dalla storia in modo anomalo rispetto alla normale scrittura di musical.

Come ti sei avvicinato alla direzione di musical? (Claudio è anche attore, doppiatore e regista di prosa e cinematografico)

Sono arrivato per sbaglio. Ho fatto l’aiuto regia di Francesco il musical (anno 2000) ma durante la produzione è stato fuori il regista. Vincenzo Cerami mi ha chiesto di fare io la regia. E’ stata un’operazione molto grande ed io ero alle prime armi come regista, ma non era quello che volevo fare

Preferisco la prosa comica o semicomica perché il musical, anche se si pensa il contrario, non è completo. Spesso purtroppo la parte recitata è messa in secondo piano a favore del ballo e del canto. Per questo preferisco la prosa.

Il prossimo che dirigerai sarà La Febbre del Sabato sera. Visto che in Italia è già stato rappresentato diverse volte, ultima solo tre anni fa, come sarà la tua versione?

Ho chiesto anch’io perché, e l’ho presa come sfida. L’ultima, quella realizzata da Stage è stata una versione europea, molto ricca.

Io mi rifarò al film, con un’atmosfera originale, senza glitter e glamour. Il film è andato bene perché parlava di un ragazzo qualunque, dalla vita qualunque che diventava il re del mondo nel momento in cui metteva piede in discoteca, diventando eroe solo all’interno di una ristretta cerchia.

Del resto lo stesso Travolta era il signor nessuno quando fece questo film. La voglia di crescere di questo ragazzo non è mai uscito nel musical. E’ così che io lo voglio affrontare. Con la storia, con il sentimento, con ciò che l’ha reso famoso.

Spero di toccare anche con questo l’anima degli spettatori perché questo spettacolo non è fatto solo per le canzoni. Semmai le canzoni sono al servizio dello spettacolo.

Ed è mia intenzione quindi lavorare più sulla storia, non sulla musica.

Da regista avrai visto nel corso dei casting centinaia di performer. Li trovi preparati? Non ti pare che molti di questi abbiano più smania di stare sul palco che vero talento?

Chi vuole esprimere talento ha smania di esserci. Anch’io faccio l’attore di tanto in tanto perché ho bisogno di esserci. Stare sul palco è come una sorta di sfogo, come essere dall’analista.

Se a volte sembrano impreparati è colpa del regista, che non li guida. Quindi è normale che a quel punto uno sale sul palco e fa quello che vuole se non è diretto. Anche un grande attore va guidato. Se non li guidi farebbero delle schifezze o cose belle ma sempre uguali.

Cosa vorresti dirigere tra i titoli nuovi che circolano a Broadway?

Ho un titolo dentro al cervello…mi piacciono però gli spettacoli piccoli, off.

Amando Burt Bacharach mi piacerebbe molto “Some Lovers” di cui lui è autore delle musiche.

E’ il mio genere. Poi mi piacciono i microcosmi, situazioni intime, piccole, quattro attori.

E se dovessi scriverne uno ex novo?

Sarebbe qualcosa di Horror comico, demenziale.

E visto che sono molto in voga i musical tratti da film?

Li lascerei perdere. Amo molto il cinema e per certi titoli è come distruggere un mito: che senso ha fare Rocky…Rocky è Stallone!

Nell’immaginario collettivo c’è quell’attore, in Italia si aggiunge anche quel doppiatore.

Ogni film ha un sapore e un colore che non si può rifare e se lo rifai non potrà mai essere come la pellicola.

Oltre al musical sei impegnato anche con la prosa e con il cinema in questo periodo

Si, farò Rumori fuori Scena a Torino e al Teatro Nuovo a Milano (teatro) come attore e regista. Uno spettacolo che ha sempre successo con la mia compagnia torinese che non è ancora uscita dal capoluogo piemontese.

Il film si intitola Felicissime Condoglianze e uscirà a marzo. Un film low budget, con una piccola uscita ma un film molto generoso.

Ricordiamo che Jersey Boys sarà al Teatro Nuovo di Milano dal 3 al 20 novembre, a Roma al Teatro Olimpico dal 22 novembre all’11 dicembre e poi in tour in alcune città italiane (Bergamo, Bologna, Varese, Como, Genova, Assisi, Bari, Torino) fino al 5 Febbraio

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