Festival di Locarno, tutti i numeri della 70ma edizione

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261 pellicole in 11 giorni, di cui 16 nella sezione Piazza Grande, sotto le stelle e nella magia della piazza con lo schermo all’aperto più grande d’Europa, e 18 in un Concorso internazionale sempre più interessante.

Grandi ospiti quest’anno del Festival di Locarno, tra il cotè festivaliero di Todd Haynes: Alexander Sokurov e Jean–Marie Straub, e la grandeur di Mathieu Kassovitz, Adrien Brody e Nastassja Kinski.

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Doverosi ma non banali omaggi a grandi artisti scomparsi, come Jeanne Moreau e George Romero.
E una retrospettiva che come al solito è una chicca per cinefili: tutti i lungometraggi di Jacques Tourneur, il poliedrico genio francese emigrato a New York, regista, fra gli altri, de “Il bacio della pantera” e “Le catene della colpa”.

Locarno non delude mai. E men che meno quest’anno, in cui celebra l’ingresso nella terza età festivaliera con un 70esimo anniversario che ha riservato sorprese e delizie, come accade ogni anno in riva al lago.

A partire dal vincitore del Concorso, Mrs. Fang, quasi un docu-reality firmato dal cinese Wang Bing, di solito fluviale nella descrizione documentaristica, qui invece miniaturistico nella descrizione dell’Alzheimer che invade il corpo dell’anziana protagonista.

Ci ha sorpreso anche il premio speciale della Giuria, andato a un intrigante, anche se non del tutto risolto, film di genere, il brasiliano As Boas Maneiras, che attualizza le favole dei fratelli Grimm in una San Paolo notturna dove la diversità, di qualunque tipo si tratti, è destinata a soccombere.

Collegato alla presenza, sui generis, di superpoteri, è anche “Madame Hyde”, un pasticciato ma interessante divertissement ambientato in una scuola di provincia francese, alla cui stupenda (al solito) protagonista, Isabelle Huppert, è andato il premio per la miglior interpretazione femminile. Miglior interprete maschile è invece stato designato Elliott Crosset Hove, per la vibrante prova nel danese Winter brothers, un cupissimo dramma familiare ambientato nel mondo delle miniere, che ha fatto incetta di premi anche nelle giurie parallele, ricevendo la menzione speciale del Premio Ecumenico e il premio Europa Cinema Label.

Il Pardo di questo 70° Locarno, per la miglior regia, è andato a F.J.Ossang, e all’elegante bianco e nero, in bilico fra noir e dramma esistenziale, con cui impreziosisce il franco-portoghese 9 Doigts.

Nel concorso Cineasti del Presente, destinato a opere prime, ha trionfato il bulgaro Three Quarters, un delicato e toccante dramma familiare che sa divertire e commuovere. Menzioni anche per il conturbante franco-portoghese Milla, per il disturbante portoghese Verao Danao e il toccante turco-statunitense Distant Constellation, film diversissimi l’uno dall’altro che testimoniano la varietà e la capacità di scovare talenti in divenire in ogni angolo di mondo da parte dei selezionatori del Festival, guidati anche quest’anno dall’ottimo Carlo Chatrian.

Nonostante la presenza del blockbusterone Atomic Blonde, con una Charlize Theron picchiatutti, e del ben congegnato Sparring, sorta di “Rocky sfigato”, il premio della Piazza Grande è andato alla commedia di Michael Shoewalter The big sick, interpretata dal comico di origini pakistane Kumail Nanjiani e da Zoe Kazan (nipote del celebre regista Elia Kazan), che ironizzando sull’incompatibilità fra culture diverse centra un problema assai attuale con una certa leggerezza, vista la produzione, solitamente piuttosto greve, di Judd Apatow.

Gli italiani a Locarno?

Quest’anno una magrissima resa: in concorso, il debuttante Germanno Maccioni con Gli asteroidi non ha convinto, rimanendo a metà strada fra la denuncia sociale e un realismo esangue; in Piazza Grande Amori che non sanno stare al mondo di Francesca Comencini, nonostante la meravigliosa e generosa prova di Lucia Mascino, è stata una cocente delusione, non avendo saputo superare i clichè più banali di un ritratto del femminile che raggiunge l’effetto opposto, cioè la totale non empatia con la protagonista; in altre sezioni collaterali, la presenza di film italiani è passata quasi inosservata. Per questo motivo, siamo rimasti orgogliosi invece dell’ottimo debutto di

Andrea Magnani, nella sezione Cineasti del Presente, con Easy, una commedia road-movie che con leggerezza e precisione inusitati (grazie anche all’ottima prova di Nic Nocella, al suo primo ruolo da protagonista) ha rallegrato la giornata più burrascosa, in termini meteorologici, del festival.

Menzione finale (ma, come ogni anno, last but not least) alla Settimana della Critica, che ogni anno regala chicche documentaristiche imperdibili per ogni cinefilo che si rispetti. Quest’anno il premio è andato a un film sloveno, Drazina, ritratto di famiglia disturbante che a tratti sembra quasi un film di fiction.

Ma noi abbiamo amato molto la protagonista di The poetess, film tedesco, a tratti irrisolto, che racconta il coraggio di una poetessa saudita capace di combattere i pregiudizi con la forza dei suoi versi, e le anziane protagoniste dell’argentino Las cinephilas, che ha i tentennamenti di un’opera prima ma mette in scena, con grazia e dolcezza, l’amore sfrenato e senza misura per il cinema.

Quello che ogni anno ci fa trascorrere metà agosto sulle rive svizzere del Lago Maggiore, a contatto con l’essenza più pura della settima arte.

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