“I pensieri regolari mi distruggono” Simona Bramati, coscienza di un’artista

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Gli occhi ci forniscono le impressioni visive
che costituiscono il materiale grezzo della vista.
La mente prende questo materiale,
lo elabora e ci da il prodotto finito.

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Aldous Huxley, L’arte del vedere (1942)

Gli occhi sono i protagonisti della pittura di Simona Bramati, cornee limpide di pura bellezza, sguardi sapienti che cercano di interrogare lo spettatore, sembra un’ossessione quella per gli occhi, la scelta di voler sondare l’animo umano attraverso le pupille di anonime fisionomie femminili.
Occhi di donne in cui si celano fragilità, emozioni, disappunto, dolore, indifferenza. Cosa significa per una donna prediligere l’arte come scelta totalizzante di vita? Quali pregiudizi ancora si celano? Ed infine esiste una discriminante?
Scrive Anna D’Elia: “Io mi sento donna soprattutto perché non ho mai messo la ragione contro la passione, l’avidità contro l’amore, la guerra contro la pace. Cos’è una donna? Esistono le donne? Io sono diversa dalle donne che appaiono alla tv, nella pubblicità, non sono bella, né magra, né giovane, non penso al bucato più bianco del mio, né a come un risotto può sedurre o una calza o un rossetto. Io non mi spoglio per dire “esisto” e non divento brutta per essere intelligente”.

Cos’è una donna? Il quesito esposto da D’Elia sembra appartenere alla ricerca artistica di Simona Bramati perché la sua esplorazione dell’universo femminile non è solo una questione di forma e materia, è un sondare in profondità l’anima e le viscere dei corpi che ritrae nelle sue opere.

Qualche giorno fa ho raggiunto telefonicamente Simona per approfondire queste tematiche e per capire il senso intimo di essere un’artista, laddove l’utilizzo di un apostrofo significa aprire le porte di un universo complesso.

Simona la prima curiosità che ho nei tuoi confronti è capire da cosa è scaturito il tuo amore per l’espressione artistica, c’è un episodio della tua vita in cui hai potuto rintracciare le origini della tua scelta?

Mia madre mi racconta che a tre anni mi esprimevo attraverso il disegno, era qualcosa di imprescindibile, credo che l’arte sia stata da sempre la forma di espressione che ho scelto. Crescendo pian piano ho iniziato a misurarmi con la storia e la prima idea che mi venne in mente era che non potevo diventare un’artista perché non esistevano artiste donne citate nei libri di scuola. Questo è un ricordo lucido che ho e con cui mi sono da subito confrontata.

Vorrei esplorare il tuo percorso formativo, quali sono stati i passaggi che ti hanno permesso di maturare il tuo linguaggio artistico?

Durante gli anni in cui ho frequentato l’Accademia ho avuto un po’ di problemi, mi sono trasferita un anno a Brera prima di ritornare ad Urbino dove avevo iniziato il mio percorso formativo. Uno dei ricordi più belli che possiedo riguarda il mio professore di anatomia a Brera, Paolo Baratella, che mi diede un trenta e lode al suo esame dicendo alla classe: “prima o poi sentiremo parlare di Simona Bramati”. Quel giorno mi commossi. Successivamente, tornata ad Urbino, preparai la mia tesi che riguardava la creazione di un atlante anatomico interattivo ad uso degli artisti, presentai il lavoro al premio Interfacce Medio Lab dell’università di Tor Vergata e vinsi. Lo stesso anno esposi il progetto ad una mostra collettiva a Montefiore e sentii Vittorio Sgarbi parlare di me, discuteva della mia tesi e di come fosse un lavoro importante per tutti quegli artisti che non potendo permettersi una modella vera avevano comunque la possibilità di studiare anatomia attraverso il mio atlante interattivo.
Dopo sei mesi fui contattata dall’entourage di Sgarbi e fui scelta per partecipare ad un’esposizione molto importante il cui tema centrale era il Male come esercizio di pittura crudele, mi ritrovai a Stupinigi tra i grandi nomi dell’arte italiana.

Simona secondo la tua esperienza personale esiste un fattore discriminante verso una donna che sceglie il mestiere dell’arte?

Per un uomo credo sia più semplice gestire i rapporti e farsi accettare, una donna deve inevitabilmente lottare di più. In accademia la questione era incentrata anche sul mio modo di dipingere, il figurativo è un ambito complesso, oggi forse funziona di più ma è stato difficile portare avanti questa scelta espressiva.

Quali sono le tematiche che esplori nelle tue opere?

Il tema della violenza sulle donne è sicuramente una ricerca che porto avanti con coraggio nelle mie opere e per cui sono stata discriminata da alcune gallerie. Il discorso si amplia anche verso i concetti universali di vita e di morte, su cosa significa il percorrere del tempo. La serie di occhi che dipingo mi serve per entrare nel pensiero delle persone, per riuscire a descrivere ogni stato emotivo.

Esiste un messaggio veicolare nelle tue opere e, se esiste, qual è il concetto portante della tua ricerca estetica che a questo punto definirei anche etica…

Il mio lavoro senza un messaggio non avrebbe senso di essere. Affronto tematiche dure che spesso non vengono accolte. Rifletto nei miei lavori un concetto forte che cerco di mantenere senza alcun tipo di pressione esterna. Non ho un vero gallerista che mi segue e cerco di non avere padroni, vivo la mia vita da artista nella piena libertà delle mie scelte.
Non scendo a compromessi, utilizzo la pittura per portare avanti la mia voce, da questo punto di vista non mi interessano le logiche del mercato, il mio messaggio è quello che conta.

Cosa ti aspetta d’ora in avanti Simona hai qualche progetto in atto dove è possibile poter seguire il tuo lavoro?

Fino al 27 aprile è visitabile la mia personale intitolata “I pensieri regolari mi distruggono”  a cura di Togaci presso la Komà Art Gallery di Montagano.

Prossimamente invece inaugurerà alla galleria Puccini di Ancona la mia mostra intitolata “Di fronte al dolore degli altri” in questa occasione potrò mostrare al pubblico le mie opere concernenti la tematica della violenza sulle donne.

Per approfondire il lavoro di Simona Bramati: www.simonabramati.it

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