Intervista a Lorenzo De Liberato, il giovane regista di Tre Sorelle di Cechov

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Ha debuttato martedì 10 ottobre al Teatro Lo Spazio di Roma (Via Locri, 44) “Tre Sorelle”, uno dei testi più famosi di Anton Cechov. Fino al 22 ottobre Francesca Bellucci, Luisa Belviso, Alessandro De Feo, Ludovica Di Donato, Alessio Esposito, Lorenzo Garufo, Fabrizio Milano, Gioele Rotini, Marco Usai, Irene Vannelli saranno in scena diretti da Lorenzo De Liberato. Lo abbiamo visto e ne abbiamo parlato.

Ora abbiamo rivolto qualche domanda al regista.

Perché ha scelto di mettere in scena proprio “Tre Sorelle” di Cechov? Qual è il suo rapporto con l’opera, quando è venuto in contatto con questo lavoro?

Il mio rapporto con le opere di Cechov è iniziato qualche anno fa, quando ho preso a studiarlo per un adattamento de “Il gabbiano” che poi è sfociato in un testo originale che racchiudeva più testi e soprattutto la vasta gamma di temi che affronta l’autore russo.

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Ritengo che “Tre sorelle” sia il testo più interessante, forse il capolavoro, ed erano due anni che pensavo di portarlo in scena, forse solo adesso ho trovato il coraggio di farlo e di farlo soprattutto in versione integrale. I concetti di tempo, noia, memoria e utopia, sono, per me, molto importanti e spesso e volentieri ricorrono in tutti i testi di cui sono autore io stesso e anche in quelli classici che scelgo di riadattare e portare in scena.

Quali tra i personaggi dell’opera preferisce e perché?

Se si mette in scena “Tre sorelle” non si può non amare le tre sorelle! Trovare dei personaggi femminili scritti così bene a volte è molto difficile: tre donne molto forti ma allo stesso tempo fragili come il cristallo, delicate e intense che affrontano le proprie vite con tre visioni differenti che convergono tutte e tre nella mancanza d’amore e nell’impossibilità d’agire la vita.

Ma oltre a loro, il personaggio che mi coinvolge di più è quello del dottore e la sua parabola umoristica che sfocia in una cinica e glaciale consapevolezza.

Uno spettacolo in costume. Da chi sono stati realizzati?

I costumi sono stati realizzati da Giuseppe D’Andrea e Caterina Corallo, due giovanissimi stilisti che hanno fatto un lavoro stupendo cercando di mescolare contemporaneità e classicismo.

In scena per due settimane al Teatro Lo Spazio, una scelta coraggiosa in un periodo in cui si vedono spesso spettacoli in scena pochi giorni. Cosa significa autoprodursi nel 2017?

Credo che non sia una scelta coraggiosa ma una scelta obbligata. Nel 2017 le uniche persone che possono dare dignità al nostro lavoro siamo noi che lo facciamo e ne comprendiamo la fatica.

Portare in scena spettacoli per pochi giorni credo sia semplicemente mortificante verso l’impegno e i sacrifici che ognuno di noi è disposto a fare per raggiungere un buon risultato. L’utopia è utopia solo se non si concretizza ma provare a farlo non lo vieta nessuno.

Ha davanti a sé il ministro della Cultura, cosa gli suggerirebbe di fare per migliorare la situazione?

Consiglierei al Ministro della Cultura di passarsi una mano sulla coscienza. Non dico altro. I soldi per la cultura ci sono ma vanno sempre e comunque negli stessi posti e alle stesse persone. Non mi sembra il caso d’aggiungere altro.

Un invito i nostri lettori.

Vi aspettiamo a teatro per vivere un’esperienza che, con tutto il dovuto rispetto, non ci appartiene più. In un mondo in cui siamo bombardati da velocità, superficialità e volgarità, noi abbiamo ritagliato un piccolo spazio di due settimane in cui andare completamente contro corrente. E vi invitiamo a venirci a trovare se anche voi avete bisogno di isolarvi un po’ da tutto il resto.

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