Una scena apocalittica: non è rimasto più nulla sulla Terra, nessuna comodità, nessuna possibilità di comunicazione. Un’enorme struttura è posizionata al centro della scena, unica ancora di salvezza di quelli che sembrano essere gli ultimi superstiti.
Cinque ragazzi apparentemente normali che si aggrappano all’unica speranza che li rimane: proprio quella imponente “Machine de cirque” che si staglia in mezzo al palcoscenico. Con la leggerezza di chi ha imparato a sfidare la forza di gravità, i cinque circensi ci trasportano in un viaggio alla scoperta delle incredibili prodezze che la mente umana immagina e che il corpo cerca di disegnare nell’aria.
Questo gruppo affiatatissimo di performer, accompagnati da un polistrumentista in grado di ricavare suoni anche dal più bizzarro degli oggetti, è una vera e propria macchina circense.
Ogni movimento è perfettamente studiato per creare un gioco di equilibri corporei, di sfide gravitazionali, di incastri acrobatici nei quali il corpo umano riesce a sfidare e dominare qualsiasi idea preconcetta. Quello che ci propongono non è “solo” un’esibizione circense: tra un’acrobazia e l’altra assistiamo a delle microstorie narrate dai loro corpi, scene divertenti, creative, sopra le righe.
Tutto sembra così naturale e allo stesso tempo sbalorditivo: i corpi si librano leggeri nell’aria e lo spettatore vola con loro, con lo sguardo rapito, le mani alla bocca in un misto di stupore e incredulità.
Si provano veri e propri “brividi di leggerezza” perché questi cinque artisti diretti da Vincent Dubé ci fanno credere possibile ciò che per noi sembrerebbe impossibile.
Mentre la macchina del circo si muove grazie alle sue regole affascinanti e inarrivabili, è come se una macchina del tempo trasportasse il pubblico in un’altra realtà. I nostri pensieri si aggrappano a quelle cinque figure che ci liberano e ci rendono leggeri per 90 minuti, giusto il tempo di atterrare di nuovo sulle nostre poltrone e ricordare ciò che nella realtà, purtroppo, fa veramente rabbrividire.