MUMFORD AND SONS AL ROCK IN ROMA

Sono stato al concerto dei Mumford and Sons. Come chi? Quel gruppo hipster con barbe, camicie di jeans, e capelli incolti, che fa musica folk dai video pieni di lampadine. Quei quattro musicisti che però io me ne ricordo sempre e solo uno: Marcus.

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Comunque, perché sono andato al loro concerto? Beh, perché mi piacciono troppo. Stai lì a lavorare delle foto, o sei su un pullman sperduto nel mondo, o magari attraversi la città sulla Metro affollata di persone e hai loro nelle orecchie. Ti danno tutta un’altra prospettiva. (Ma forse, è perché a me piacciono. Magari te ascolti Marilyn Manson prima di addormentarti. Son gusti.)

Come ti dicevo sono stato al loro concerto, al Rock in Roma, ippodromo di Capannelle. La strada è affollata di macchine e parcheggiatori abusivi. Io come un maniaco della puntualità arrivo mezz’ora prima dell’appuntamento e parcheggio nel grande prato di fronte all’entrata. Entro un’ora e mezza dopo cercando di capire per tutto il tempo perché non vogliono che porti il tappo della mia bottiglietta dentro (da appuntare che il 95% delle persone aveva una birra in mano. Io un’ottima acqua naturale presa al supermercato.)
Altre 2 ore in piedi ad ascoltare un gruppo spalla di cui non ho capito né il nome né la musica. Guardo con attenzione i tecnici sistemare chitarre, banjo, e pianoforti. Guardo le persone, che con i loro cappellini rossi (regalati da un gruppo di ragazze in cambio di un selfie per una qualche specie di pubblicità. Come quelli che ti regalavano preservativi e gomme.) sono tutti emozionati per l’imminente concerto. Ma si, sono strano io. Non sono molto abituato ad andare ai concerti, preferisco ascoltare musica in maniera più intima. Sono quel tipo di persona che quando esplode la canzone rimane fermo e impercettibilmente muove la testa sorridendo, mentre tutti gli altri saltano, urlano e battono le mani. Forse devo aver accennato anche qualche dondolio.. non ricordo.
Comunque piano piano l’area davanti al palco si riempie e io rimpiango il fatto di non aver portato la mia sediolina da pic nic perché dopo già 20 minuti avevo i piedi doloranti come una vecchia gattara (non me ne vogliano le gattare.)

Il concerto sta per iniziare. Siamo in 12 mila, pronti per ascoltare il nuovo album Wilder Mind alternato con i loro più grandi successi. Si perché sono da poco usciti con questo album, tutto rock, poche camicie di jeans e nessun banjo. Che davvero su quel pullman o sulla metro io preferivo un Babel. Parlo della loro svolta artistica, più verso il rock che verso il folk.
Il tutto inizia alle 22 con Hot Gates, singolo estratto da ‘Wilder Mind’, suonato con le luci che sono ancora basse tra urla, saltelli e mani alzate di una folla entusiasta. Mentre io, dondolando leggermente, scatto fotografie…

 

 

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