Uno scheletro cubico di metallo nero, fuori dal perimetro una sola sedia bianca, imbrattata di sangue. Un luogo non luogo dove domina l’elemento dell’aria. Un’aria fredda, gelida metallica.

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Questa è la scarna scena che accoglie il lungo monologo di “Un condannato a Morte/ the punk version interpretato da Orazio Cerino con la regia di Davide Sacco che cura anche l’adattamento al testo e la traduzione dell’omonima opera di Victor Hugo.

Pensieri, ansie, angosce, parole e gesti, impotenza e rabbia, ricordi e rimpianti: stati di vita e d’animo di un uomo che, alla soglia del patibolo, si animano con ritmo incalzante in una bolla di asfissia, senza respiro.  Si crea una gabbia nella gabbia, l’aria stessa sembra sublimarsi. Un’energia ritmata, cadenzata, asciutta, dal sapore del freddo metallo. Il pathos incalza in maniera scarna, quasi arida, senza sentimentalismi o slanci patetici, come se fosse una colata di cemento a presa rapida. La recitazione di Orazio Cerino contribuisce in maniera decisiva alla riuscita e all’evocazione di questa peculiare atmosfera. Una recitazione assolutamente moderna fatta di un uso sapiente e dinamico del corpo più che della voce come mezzo e del recitato come tecnica.

Il gesto domina la spazio a 360 gradi. Cerino sembra un gladiatore nell’arena. Non cerca l’affetto né la compassione del pubblico, anzi sembra sfidarlo costantemente facendolo partecipe nel suo gioco senza poterlo però coinvolgere nel proprio disperato e rassegnato dolore. Una voce disperata che sa di essere udita ma sa che non può essere ascoltata veramente.

Il regista Davide Sacco sceglie una regia secca, asciutta, pulita ma dinamica, rigida ma potente, visivamente forte nel gesto ma senza eccessi.  Nessun utilizzo della musica a difendere e ad arricchire la scena. Solo l’incipit e la fine della pièce sono accompagnati dal suono distorto di una chitarra elettrica.

Lo spettacolo è interessante nella sua sperimentalità. La tessitura del testo ottocentesca tipica di Victor Hugo si fonde con il nostro linguaggio essenzialmente fatto dall’urgenza dell’immagine.

La frattura potrebbe essere enorme e inevitabile invece la fusione e la commistione tra passato e presente, contribuiscono a evidenziare e ad accentuare l’orrore e la violenza che, da sempre attanagliano la vita e il comportamento umano. L’orrore e la barbarie che suscita la pena di morte. Spettacolo educativo e bello che per l’importanza del messaggio è stato patrocinato da Amnesty International.

Foto di Linamaria Palumbo

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