Dodici i titoli del Concorso documentari (in giuria la regista georgiana Nino Kirtadze, il regista italiano Gianfranco Pannone e la regista e videoartista serba Marta Popivoda) dell’edizione n. 33 del Trieste Film Festival che si terrà sia in presenza (a Trieste) sia online dal 21 al 30 gennaio 2022.

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1970 di Tomasz Wolski ricostruisce le proteste scoppiate nella Polonia comunista del 1970, raccontate però da una prospettiva inedita, quella degli oppressori, rendendo vivida e vera (grazie all’aiuto dell’animazione in stop motion) l’atmosfera che si respirava in quel momento al Ministero degli Affari Interni, sbirciando tra le conversazioni telefoniche e dietro le porte chiuse degli uffici dei funzionari di governo; da Varsavia a Praga con Reconstruction of Occupation di Jan Šikl, che scava negli archivi cinematografici privati e amatoriali per mostrare – attraverso gli sbiaditi “home movies” d’epoca – l’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Immagini uniche, a lungo invisibili, in cui i volti di cittadini anonimi si trasformano in testimoni viventi di quei drammatici giorni della storia cecoslovacca.

I’ll Stand by You di Virginija Vareikytė e Maximilien Dejoie, l’impegno di due donne, una psicologa e un’agente di polizia, per ridurre il numero record di suicidi nella loro ridente cittadina in Lituania; The Case di Nina Guseva, sul caso del giovane attivista politico Konstantin Kotov, arrestato a Mosca nell’estate 2019; The Balcony Movie di Paweł Łoziński, premiato a Locarno, originale esempio di documentario d’osservazione interamente girato dal balcone dell’appartamento del regista, a Varsavia; Never Coming Back di Mikołaj Lizut, ritratto di quattro giovani detenute del Centro educativo giovanile di Goniądz vicino a Białystok, in Polonia; Krai di Aleksey Lapin, ritorno del regista nel villaggio natale della sua famiglia al confine ucraino, dove lui stesso un tempo era solito trascorrere l’estate; Looking for Horses di Stefan Pavlović, sull’amicizia tra il regista e un pescatore che ha perso l’udito durante la guerra civile in Bosnia e si è ritirato in un lago per vivere in solitudine; Museum of the Revolution di Srđan Keča, storia di un edificio mai completato, progettato per celebrare la Jugoslavia socialista e oggi abitato dai reietti di una società rimodellata dal capitalismo; Reconciliation di Marija Zidar, perdono e riconciliazione in un’Albania ancora “regolata” dal codice del Kanun; René – The Prisoner of Freedom di Helena Třeštíková, nuovo tassello di una cine-biografia lunga ormai più di trent’anni; e Factory to the Workers di Srđan Kovačević, 10 anni di lotta operaia in una fabbrica croata che si trasforma in una forma alternativa di produzione, contro l’economia capitalista.

Sette i documentari fuori concorso: Babi Yar. Context di Sergej Loznica; Bosnia Express di Massimo D’Orzi; Freikörperkultur di Alba Zari; Gorbachev. Heaven di Vitalij Manskij; The Jungle di Cristian Natoli; Tullio Kezich – A proposito di me di Gioia Magrini; L’ultimo calore d’acciaio di Francesco De Filippo e Diego Cenetiempo.

Tredici invece, i titoli del Concorso cortometraggi (in giuria la regista Špela Čadež, il Membro del Comitato di Selezione del Concorso Cortometraggi a Cannes Wim Vanacker e il vicedirettore di sixpackfilm Gerald Weber): l’Italia è rappresentata da Big di Daniele Pini e Inchei di Federico Demattè.

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